Vendo la farmacia. Anzi no.
IL WEBINAR
Vendo la farmacia. Anzi no.
Vendere è un passo importante, che richiede conoscenze specifiche sul piano economico, finanziario e sulle dinamiche delle trattative. Dubbi su come, quando e perché agire? Trovate tutto ben spiegato nel primo “Focus Farmacia Dompé Talks”
24 marzo 2022
di Carlo Buonamico
Vendere o non vendere? Questo è il dilemma che i farmacisti titolari sempre più si trovano a dover affrontare. Spinti da motivazioni diverse, che vanno da implicazioni di natura familiare a quelle più squisitamente professionali, solitamente relative all’eccesso di adempimenti burocratici che riducono la possibilità di dedicarsi appieno al “core” della professione.
Quali che siano le ragioni che muovono i farmacisti a valutare la vendita della propria farmacia, ci sono diversi aspetti che è bene considerare per ponderare la decisione. E proprio su questo hanno fatto il punto i commercialisti Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta dello Studio Guandalini, ospiti del primo dei “Dompè Talks”, webinar di approfondimento dell’iniziativa editoriale “Focus Farmacia”, promossa da iFarma con il contributo di Dompé.
Ebitda, valore dirimente
In primis bisogna chiedersi quale sia il motivo principale che spinge a valutare l’ipotesi di alienazione della farmacia. Perché a seconda della risposta si possono aprire diverse opzioni. Che comprendono, per esempio, la cessione dell’azienda, quella delle quote, finanche l’adesione a un network, in modo da poter mantenere la titolarità della farmacia valorizzandone i punti di forza.
L’importante, secondo Giovanni Trombetta, è «non farsi prendere dall’ossessione del prezzo. Diversamente da quanto accadeva anni orsono, non si può più calcolare il valore della farmacia in base al proprio fatturato». Spiega Marcello Tarabusi: «Non esiste una formula preconfezionata per le modalità della vendita, né un unico criterio per scegliere se “conviene” vendere o meno. Le motivazioni che spingono a vendere sono varie, e non eguali per tutti. Chi ha deciso di vendere deve prestare attenzione, anzitutto, alla conduzione delle trattative e alla definizione delle modalità tecniche e delle forme giuridiche del trasferimento. La variabile fiscale ha un impatto notevole, che dipende dalle attuali condizioni – patrimoniali e giuridiche – della farmacia e dalle modalità con cui viene strutturata l’operazione.
Per quel che riguarda il prezzo di vendita, bisogna far riferimento all’Ebitda (Earnings before interest, taxes, depreciation and amortisation). Che in altri termini significa guardare alla capacità della farmacia di generare flussi di cassa in grado di ripagare i debiti o gli investimenti». Più l’Ebitda è elevato, più si può pensare a spuntare un prezzo interessante. Ma, aggiunge Tarabusi, non è tutto. «Tra le valutazioni dei possibili acquirenti vi è anche il posizionamento territoriale della farmacia e il livello di maturità del suo sviluppo, cioè se essa ha già espresso o meno tutte le sue potenzialità». Gianni Trombetta durante il webinar ha presentato i risultati di un’indagine che ha condotto sulla ventina di titolari (su 400 che lo studio Guandalini segue) che hanno venduto. Le motivazioni più comuni? Prezzo, questioni fiscali e “scocciature”, stanchezza di un lavoro sempre più complesso. «Nonostante gli alti e bassi il valore della farmacia regge sui livelli di massimo storico. Corsi e ricorsi: non saprei! Ma la crescita dell’Ebitda potrebbe consolidarsi sui valori attuali e addirittura migliorare se verranno raggiunti gli obiettivi di sistema, prima ancora che della singola farmacia. In assenza di condizionamenti motivazionali, come evidenziato nelle risposte dei farmacisti che hanno accettato le “mirabolanti” offerte di quest’ultimo periodo, non credo che il momento caldo subirà raffreddamenti nell’immediato futuro. Accettare l’offerta “anonima” può essere una semplificazione, ma le variabili tecniche da considerare non sono solo quelle del prezzo. Il contributo che possiamo dare è solo tecnico e non di moral suasion, ma a volte si è percepita la pressione a portare il farmacista alla stretta di mano “al buio”». «In realtà in una trattativa ci sono più facce della stessa medaglia da valutare – ha aggiunto Tarabusi – e le giuste scelte possono essere determinanti nel raggiungimento del miglior risultato finale».
Tempi lunghi ma risultati certi
Quello che è certo è che il farmacista deciso a vendere deve tenere presente che tra la decisione e l’incasso del corrispettivo pattuito passano diversi mesi. Un periodo intenso di passaggi a cui la farmacia, e il farmacista, dovranno sottostare. Dalla due diligence da parte del potenziale acquirente alla trattativa sul prezzo di vendita, passando per gli step relativi alla fase di cessione e di post cessione.
Una cosa certa c’è, rassicura Trombetta: «Indipendentemente dalle tempistiche, una volta sottoscritti gli accordi di compravendita il farmacista ha la certezza di ricevere il pagamento della cifra pattuita». Un corrispettivo che può variare molto, «non solo in funzione dell’Ebitda, ma anche della capacità negoziale del farmacista e dei consulenti che lo assistono in questo processo, e del perimetro di cessione, che può includere – per esempio – anche leasing e contratti». Insomma, quel che conta è mantenere il sangue freddo, operare scelte ponderate e, all’occorrenza, farsi assistere da consulenti capaci di dipanare anche le matasse più ingarbugliate.
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