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Una soluzione di sistema

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All’assemblea di Adf è stato sottolineato da Ornella Barra che non esiste un modello di remunerazione della farmacia o di altri ma solo uno che consenta a tutti gli attori della supply chain di lavorare in modo remunerativo

23 settembre 2021

di Redazione

Nessuno si salva da solo: potrebbe essere questo il filo conduttore dell’assemblea di Adf che si è tenuta stamattina a Roma. Il comparto della distribuzione intermedia del farmaco è in sofferenza per il calo progressivo del prezzo dei farmaci e per provvedimenti legislativi come il Dl78 del 2010 che ha tagliato le quote di spettanza ai grossisti. Il valore sociale della filiera però è indiscutibile, come ha raccontato Francesco Maietta del Censis, anche se sui giornali finiscono più le farmacie dei distributori intermedi. E i conti dell’anello debole della filiera del farmaco non tornano: “Con l’attuale remunerazione ogni confezione rimborsabile consegnata genera ai grossisti una perdita media di 26 centesimi di euro, ha detto Giorgio Matteucci, professore associato al Dipartimento di ingegneria informatica, gestionale e automatica della Sapienza Università di Roma.

Il presidente di Adf Alessandro Morra ha sottolineato che serve un ragionamento in un’ottica di filiera per identificare una soluzione che assicuri ai distributori la sostenibilità del sistema. “Se il sistema politico avesse attenzione solo per una parte, la condizione di equilibrio sarebbe difficile da trovare, mettete in campo energie di filiera in vista della legge di bilancio e per la nuova remunerazione delle farmacie”, ha detto Paolo Russo, membro della Commissione Bilancio della Camera.

E se il presidente di Federfarma Marco Cossolo si è detto favorevole a condizioni differenziate per la fornitura alle farmacie rurali, differenze di vedute si sono registrate con Emilio Stefanelli di Farmindustria sulla nuova remunerazione delle farmacie. “In convenzionata distribuiremo sempre farmaci con valore unitario basso perché gli altri per le Regioni non è conveniente distribuirli in farmacia”, ha detto Cossolo. “Il valore industria non va toccato ma il 70% della nuova remunerazione va legato all’atto professionale e il 30% alla parte più “mercantile” della farmacia”.

Non è d’accordo Stefanelli: “Un interlocutore di cui sembra non si tenga conto è colui che deve pagare. I prodotti nuovi non sono più prescritti dalla medicina generale, i prezzi dei farmaci sono sempre più bassi, il Pht nato per questioni clinico-scientifiche è diventato un modello di spesa, le Regioni rimettono in Dpc prodotti che erano sul territorio. Il problema non è trovare nuovi sistemi di remunerazione ma contrastare il depauperamento della spesa convenzionata. Con il fee for service le Regioni farebbero gare su tutto, scomparirebbe la contribuzione da parte del paziente, salterebbe il sistema delle liste di trasparenza, sarebbe un danno per tutta la filiera.

“Non si può dire che l’industria abbia sofferto come la filiera distributiva in questi anni” ha ribattuto Gianni Petrosillo, presidente Sunifar. “Non capisco perché il fee for service dovrebbe essere una rovina: fare gare su tutta la convenzionata mi sembra difficile. Bisogna cercare insieme le soluzioni, stiamo lavorando a un modello di nuova farmacia dei servizi, il ministero ce lo ha riconosciuto sia con i fondi del Pnrr alle rurali sia con la remunerazione aggiuntiva”.

“Le farmacie sono pronte ad affrontare le prossime sfide, il dibattito di oggi ha evidenziato quanto sia necessaria una nuova remunerazione, non si può più andare avanti con condizioni superate dai tempi e che non danno una prospettiva di efficacia del servizio”, ha aggiunto il presidente di Assofarm Venanzio Gizzi. “Noi abbiamo presentato la prima proposta di remunerazione nel 2006, tutto quello che si è manifestato dopo l’entrata in vigore della 405/2001 era prevedibile. Una su tutto la Dpc: non funziona, lo stesso farmaco viene dispensato con remunerazioni differenti tra Regione e Regione”.

«I distributori intermedi sono come gli anestesisti, l’eminenza grigia che non si vede ma che svolge un ruolo fondamentale”, ha spiegato il vicepresidente della Fofi Luigi D’Ambrosio Lettieri. La remunerazione è un diritto costituzionale perché non si può lavorare sottocosto, la Fofi è favorevole a un sistema di remunerazione che riconosca il valore della competenza necessaria per l’erogazione di un servizio professionale. Il problema dei tetti di spesa non è estraneo a questi ragionamenti e la questione della distribuzione diretta, che è legata a un nodo ideologico che fa male al Paese, va affrontata. Dobbiamo evolvere in un contesto che si modifica, non possiamo ragionare come 10-15 anni fa: accanto alla distribuzione di beni la farmacia eroga servizi e questo può concorrere in modo utile a qualificare l’efficienza di una rete straordinaria che deve essere difesa in una logica di revisione dell’intero comparto”.

“Ci sono posizioni diverse da parte dell’industria e della farmacia”, ha detto Ornella Barra, Co-Chief Operating Officer di Walgreens Boots Alliance, “la distribuzione intermedia deve essere l’anello che fa sistema. Non esiste un modello di remunerazione della farmacia o di altri, esiste un modello che consenta a tutti gli attori della supply chain di lavorare in modo remunerativo”.

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