Una comunicazione più corretta sulle demenze
L'AGGIORNAMENTO
Una comunicazione più corretta sulle demenze
In occasione della Giornata mondiale dedicata alla malattia di Alzheimer, Lilly Italia lancia una campagna di sensibilizzazione per promuovere informazione e consapevolezza, fondamentali per una diagnosi precoce. Un media tutorial con il contributo di clinici e associazioni è stata l’occasione per un aggiornamento e una riflessione sulle modalità di narrazione delle patologie neurodegenerative
19 settembre 2024
di Laura Benfenati
Il 21 settembre ricorre la Giornata mondiale dell’Alzheimer con cui convive un over 50 su 5, per un totale nel nostro Paese di circa 600mila persone e di 3 milioni di caregiver che li assistono. Con il volto e la voce dell’attore Luca Ward è stata presentata ieri da Lilly, azienda impegnata da oltre 30 anni nell’area delle malattie neurodegenerative, una campagna di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza sui primi segnali da riconoscere, promuovere la diagnosi precoce e rendere possibile un intervento tempestivo.
Alla vigilia della presentazione della campagna “Pensaci. Per non dimenticarlo”, che nasce con la collaborazione dell’Associazione italiana malattia di Alzheimer (Aima), della Società di neurologia (Sin) e dell’Associazione autonoma aderente alla Sin per le demenze (Sindem), Lilly ha organizzato – con la collaborazione di Unamsi, Unione nazionale medico scientifica di informazione – un media tutorial perché la comunicazione sulle demenze richiede conoscenze adeguate e una certa prudenza.
Processo biologico e sintomi
«Innanzitutto nelle demenze bisogna distinguere il processo biologico, che ha tempistiche ben diverse, anche antecedenti di 20 anni, dai sintomi causati dal processo biologico», ha spiegato Federica Agosta, professore associato di Neurologia, Università Vita-Salute San Raffaele, e Group Leader dell’Unità di Neuroimaging delle Malattie neurodegenerative, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano. «La neurodegenerazione è dovuta all’alterazione delle proteine amiloide e tau. Prima si altera l’amiloide e si formano le placche, e poi si altera la tau. Questo porta nel tempo alla morte del neurone, ed è in quel momento che si manifestano i sintomi. La prima manifestazione clinica è qualche dimenticanza, la difficoltà a reperire nomi e ricordi ma si tratta di disturbi soggettivi, poi seguiti da un decadimento cognitivo lieve che limita le azioni quotidiane e che può essere quantificato. Poi c’è la fase finale della manifestazione clinica che è la demenza e comporta l’impossibilità di essere autonomi nella vita quotidiana».
Imparare a distinguere
La diagnosi biologica nel campo della neurodegenerazione permette di distinguere le varie forme di demenza: «C’è confusione tra le varie forme: molti pazienti sono affetti da Alzheimer, ma il 40 per cento dei pazienti non ha l’Alzheimer», ha spiegato Alessandro Tessitore, professore ordinario di Neurologia, Dipartimento Scienze Mediche e Chirurgiche Avanzate, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. «Nell’Alzheimer il sintomo è il deficit di memoria, i processi cognitivi delle demenze non Alzheimer spesso risparmiano la memoria. Nella demenza a corpi di Levy (15-20 per cento delle demenze) per esempio, si ha diagnosi di parkinsonismo, tremore a riposo e rigidità muscolare. Dopo circa un anno dal decadimento cognitivo, si manifesta alterazione della visione viso spaziale, decadimento dell’attenzione, rallentamento motorio e anche allucinazioni visive a contenuto complesso. La demenza fronto-temporale ha invece manifestazioni psichiatriche e disturbo afasico, difficoltà nella produzione linguistica e nella traduzione pensiero-parola e viceversa».
Fattori di rischio e diagnosi precoce
I fattori di rischio delle demenze sono senza dubbio l’età ma anche il background genetico, la familiarità per via materna, i fattori di rischio vascolari come colesterolo alto, trigliceridi, fumo, alcol, diabete, ipertensione. Uno stile di vita adeguato riduce dunque la possibilità di sviluppare demenze: «Diagnosi precoci e specifiche consentono di preservare il cervello dal processo neurodegenerativo, vanno escluse altre condizioni che possono essere curate, si possono fare diagnosi biologiche accurate, esami neurofisiologici, prelievi di liquido, test di medicina nucleare, un prelievo di sangue che nel 97 per cento identifica chi sarà positivo», ha spiegato Agosto, precisando che questi test però devono essere prescritti dal medico di medicina generale o da un neurologo in presenza di sintomi che compromettano le attività quotidiane, non di quei sintomi soggettivi che non è detto siano iniziali manifestazioni di malattia.
Serve una narrazione diversa
Una corretta informazione è fondamentale oggi più che mai, quando ci sono moltissimi trial clinici sull’Alzheimer che alimentano le speranze di pazienti e caregiver. «“Un mio parente soffre di demenza ma per fortuna non è Alzheimer” è un’informazione non corretta, ma quante volte lo sentiamo dire?», ha detto Patrizia Spadin, presidente di Aima. «Sono lunghi e costosi gli anni in cui i malati e i tre caregiver intorno a ciascuno di loro (15 miliardi di euro tutti sulle spalle delle famiglie) convivono con la malattia e la narrazione di queste patologie deve essere modificata. Bisogna prestare attenzione a immagini utilizzate che non siano stigmatizzanti, offensive o umilianti, poco realistiche o banalizzanti. Anche la nostra società nel suo insieme deve però assumersi il compito, in questo momento, di diventare una sentinella della buona salute di tutti, appoggiando, all’interno delle istituzioni, la costruzione di percorsi di prevenzione e diagnosi. È giunto il momento che la storia della malattia d’Alzheimer e dei pazienti che ne sono colpiti possa finalmente cambiare».
«Dal 1988 ci occupiamo di demenze con svariati miliardi di investimenti, abbiamo oggi una pipeline di 10 prodotti, uno approvato negli Stati Uniti, crediamo molto in questa campagna a fianco dei pazienti per modificare la narrazione della malattia, è un nuovo impegno per Lilly», ha concluso Federico Villa, Associate Vice President Corporate Affairs & Patient Access, Lilly Italia. «In Italia vogliamo cooperare con le istituzioni per fare in modo che questa malattia diventi un lontano ricordo».