Ue: fronte comune davanti alle sfide della salute
L’ATTUALITÀ
Ue: fronte comune davanti alle sfide della salute
Il progetto “EU4Health”, con un budget senza precedenti, ha come priorità il sostegno dei piani di rinnovo dei sistemi sanitari nazionali. Per non farsi trovare impreparati dalla prossima emergenza e per garantire l’identico accesso ai farmaci a tutti i cittadini europei
24 giugno 2021
di Maddalena Guiotto
Alla prossima emergenza l’Unione europea deve farsi trovare preparata. E una delle priorità è sicuramente il rinnovo dei sistemi sanitari, reduci da decenni di tagli e restrizioni, e portati allo stremo dalla pandemia di Covid-19. A questo fine, con un impegno senza precedenti, l’Ue ha attivato il progetto “EU4Health” che ha un budget di 5 miliardi di euro, praticamente dieci volte quelli precedenti. Del resto, la sfida è inedita: sostenere piani nazionali per rafforzare i sistemi sanitari e renderli in grado di affrontare future emergenze/epidemie. La pandemia ha dimostrato chiaramente che, senza salute, salta il sistema socio-economico e per questo bisogna ripensare a un’organizzazione in cui l’Ue faciliti, senza intralciare, le attività dei sistemi sanitari di ciascuno dei 27 Stati, come hanno evidenziato gli esperti intervenuti recentemente al webinar internazionale “Health in Eu’s post Covid-19 recovery”.
Un potere negoziale unico (ma perfettibile)
Nel fare fronte comune contro il Covid-19 si sono raggiunti traguardi impensabili. A sette mesi dalla prima inoculazione, «circa il 70 per cento della popolazione Ue sarà vaccinata», dice Pierre Delsaux, vicedirettore generale della direzione generale della sanità della Commissione europea (Ce). Ogni singolo Stato avrebbe potuto negoziare le dosi singolarmente con le aziende e ottenere i vaccini, «ma difficilmente alle stesse condizioni ottenute dalla Ce», osserva, in rappresentanza degli Stati membri Elvire Aronica, delegata all’Ue dal ministero francese degli Affari sociali e della salute. Certo, non sono mancate le difficoltà. «La negoziazione non è stata facile», conferma Delsaux, anche perché proprio sul vaccino AstraZeneca, contro cui l’Ue ha due processi in corso per non aver rispettato quantità e tempi di consegna, l’Europa aveva puntato molto, visto che gli americani Pfizer-Biontech e Moderna avevano come priorità la copertura del proprio Paese. «Non vogliamo e non possiamo essere dipendenti da una sola azienda», ricorda il funzionario, chiamando in causa le imprese farmaceutiche.
Un sistema sanitario europeo? Forse, a piccoli passi
«Rendere disponibili in pochi mesi milioni e milioni di dosi di vaccini innovativi mai prodotti prima ha richiesto uno sforzo senza precedenti» dice Nathalie Moll, direttore generale delle aziende farmaceutiche europee (Efpia). «Non ce ne rendiamo conto, ma si è fatto un salto epocale. Abbiamo creato in poche settimane non solo un vaccino, ma anche un network inedito per distribuirlo. Su questo ha fatto la differenza anche una semplificazione amministrativa». Proprio da questa esperienza si può ripartire «finanziando una ricerca innovativa e un piano europeo di produzione e distribuzione da attivare in caso di necessità», osserva Moll, ma non basta. «Dobbiamo fare in modo che ogni cittadino europeo abbia lo stesso accesso ai farmaci – sottolinea – e l’acquisto centralizzato, con la negoziazione della Ce, potrebbe essere utile per le terapie innovative, come le Car-T, soprattutto per quei Paesi che non sono attrezzati per il loro impiego». Un’evoluzione di questo tipo prefigura la nascita di una sorta di sistema sanitario europeo, ma la questione è delicata, viste le differenze tra i 27 Stati membri.