Quali sono i limiti dell’attività libero professionale in farmacia?
UNA DOMANDA A...
Quali sono i limiti dell’attività libero professionale in farmacia?
Molto resta ancora da chiarire sulla corretta tipologia del rapporto di lavoro da instaurare con i liberi professionisti collaboratori della farmacia. Torniamo a parlarne con Quintino Lombardo, dello Studio legale HWP Franco Lombardo Cosmo
6 luglio 2023
di Quintino Lombardo, Studio legale HWP Franco, Lombardo, Cosmo
Già qualche mese fa, con Marcello Tarabusi, avevamo approfittato di iFarma Digital per raccomandare prudenza nella qualificazione dei rapporti di lavoro con i collaboratori al banco. Non è corretto affermare che il rapporto libero professionale con il farmacista collaboratore sia vietato in assoluto, però a tale impostazione deve corrispondere, se si vogliono evitare problemi, un elevato livello di autonomia non solo formale ma anche concreta e sostanziale del collaboratore, che deve presentare caratteristiche tali da non poter essere messa in discussione.
L’esempio estremo in senso negativo, quanto all’autonomia della prestazione benché formalmente contrattualizzata, è quello del collaboratore al banco, che mette a disposizione della farmacia (e magari soltanto di quella farmacia mono committente) un determinato numero di ore in giorni prestabiliti, finendo in concreto per risultare inserito stabilmente nell’organizzazione aziendale e subordinato al potere datoriale. Non c’è accordo tra le parti che tenga, in questo caso: come sempre accade in ambito lavoristico, la sostanza prevale sulla forma e il rischio della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato, con tutti gli oneri (e le relative sanzioni) che ne conseguono, è evidentemente elevato.
Altro il discorso, certamente più difendibile sotto il profilo dell’autonomia della prestazione, del farmacista al quale sia stata affidata un’attività meramente eventuale o occasionale, oppure un progetto residuale o specifico, però purché egli sia in concreto libero di organizzare la propria opera professionale con i tempi e le modalità più opportune, se necessario anche con specifica delega da parte del direttore, perché il lavoro di coordinamento di quest’ultimo – che è sempre responsabile di ciò che accade in farmacia – non si traduca in subordinazione del professionista.
Insomma, ripetiamo che è sbagliato ritenere che l’iscrizione all’Albo professionale costituisca un “liberi tutti”, mentre è al caso concreto e alle caratteristiche del rapporto che si deve guardare per stabilire se la prestazione è svolta dal farmacista in effettiva autonomia o in regime di subordinazione (non è possibile una risposta valida per tutti e in tutte le situazioni), sempre ragionando con il proprio consulente per accantonare quelle richieste di attività libero professionale quantomeno opinabili che rischierebbero di non reggere alla contestazione dell’Istituto previdenziale.