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Professione o logistica?

L'ATTUALITÀ

Professione o logistica?

Al congresso Sifo è stato illustrato uno studio in cui si dimostra che investendo in un servizio di logistica per la consegna a casa dei medicinali in diretta invece che destinare risorse alla Dpc - definita folcloristica - i risparmi sono innegabili. Sarà vero, considerando anche sprechi, costi di personale e mancata aderenza?

17 dicembre 2020

di Laura Benfenati

Negli anni abbiamo sentito chiedere il rientro in farmacia dei farmaci che sono in diretta da tutti, proprio tutti i dirigenti di categoria e da larga parte della base. Dopo la Legge 405/2001 sappiamo quanto sia cresciuta la distribuzione diretta e quanto sia scesa la convenzionata e il processo pare irreversibile anche se la Dpc lo ha reso più sopportabile.
Quello che ancora non è ben chiaro è quanto davvero costi il farmaco distribuito centralmente rispetto a quello affidato alle farmacie, anche in termini di sprechi, perdita di giornate di lavoro, mancata aderenza alla terapia, costi di struttura pubblica.
Particolarmente interessante è stato dunque al congresso Sifo, l’intervento di Marzia Mensurati, direttore della farmaceutica territoriale dell’Asl Roma 3, che ha raccontato uno studio effettuato su un servizio di logistica con consegna domiciliare di farmaci in diretta, in cui sono stati distribuiti, a 2.400 pazienti, medicinali per 26 milioni di euro all’anno, con innegabili risparmi.

«Si deve investire sull’assistenza farmaceutica territoriale ma le farmacie di comunità devono essere il braccio operativo nell’organizzazione assistenziale delle aziende sanitarie», ha detto Simona Serao Creazzola, direttore Asl Napoli 1. «Oggi le farmacie convenzionate stanno cercando in tutti i modi di recuperare il ruolo centrale che attribuiva loro il Regio Decreto, si deve invece investire sulle aziende sanitarie».

Lo studio romano

È evidente che ognuno tira l’acqua al proprio mulino ma Sifo da sempre si muove con un approccio scientifico, con studi. Marzia Mensurati ha esordito sottolineando la differenza tra il farmacista clinico del Servizio sanitario, che è membro di un sistema di clinical governance e quello territoriale, che secondo lei non lo è. «Il passaggio dei farmaci dalla distribuzione diretta alle farmacie è folcloristico, ogni Regione l’ha declinato secondo le sue possibilità, non c’è una linea comune. La Dpc destruttura il processo di clinical governance e aumenta i costi senza promuovere il governo della salute. Molti tentano di potenziare la Dpc ma è discutibile, c’è ampia variabilità sia economica sia assistenziale in quel modello. Sarebbe importante un’unica lista Dpc nazionale».
Mensurati ha proseguito raccontando che si mantiene il controllo della clinical governance investendo in un sistema di logistica distributiva con consegna domiciliare, come è stato fatto nella Asl Roma 5. L’appalto di logistica è del 2018 ed è costato un milione e 200.000 euro per distribuire 26 milioni di farmaci a 2.400 pazienti. Sono stati necessari tre farmacisti dedicati al servizio ma, secondo la relatrice «Questo tipo di distribuzione soddisfa pazienti e costi: lo studio ha riguardato farmaci in diretta per la sclerosi multipla, la fibrosi cistica, le malattie rare, l’ipertensione polmonare ma il modello si potrebbe estendere a tanti medicinali che oggi sono in Dpc».

E gli sprechi? E il costo del personale? E il controllo dell’aderenza alla terapia?
«Le prospettive future», ha detto in un’altra sessione del congresso Sifo Giovanna Scroccaro, già presidente dei farmacisti ospedalieri e ora Dirigente del Servizio farmaceutico della Regione Veneto, «sono date dall’interconnessione dei dati per garantire equità e sicurezza dell’assistenza farmaceutica». Si riparta da questa considerazione, interconnessioni di dati e maggiore collaborazione, magari, tra le varie anime della categoria, nel rispetto dei ruoli di ciascuno.

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