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Pensioni più ricche? Solo se si paga di più

PRIMO PIANO

Pensioni più ricche? Solo se si paga di più

di Antonio Astuti, farmacista

Dopo tante polemiche sull’Enpaf è chiaro a tutte le componenti di categoria quello che vi avevamo raccontato qualche numero fa: i farmacisti per avere una pensione adeguata devono versare contributi più onerosi

Per anni, tutto ciò che riguardava l’Enpaf (Ente nazionale previdenza e assistenza farmacisti), è stato sottovalutato dalla dirigenza di categoria e dagli stessi iscritti, nonostante i titolari si accorgessero che, al momento della pensione, non avrebbero potuto contare solo su quegli introiti per avere un reddito in grado di garantirne una dignitosa sussistenza.

La questione generale è stata così affrontata con colpevole ritardo e ora i nodi sono venuti al pettine. Durante i primi mesi del 2018 l’Enpaf, infatti, è stato sottoposto al tiro incrociato da parte di tutte le istituzioni e componenti della categoria, nessuna esclusa, e, al termine di un energico confronto con queste, promosso a più riprese dall’Ente, si può dire che la montagna ha partorito un topolino, viste le conclusioni cui si è giunti nell’incontro collegiale del 23 maggio e riassunte nell’intervista al presidente di Federfarma, Marco Cossolo. 

UNA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE

Negli ultimi anni, finiti i periodi delle “vacche grasse” e quindi in un momento di ristrettezze economiche generali più pressanti, il cda dell’Enpaf – pungolato anche dal consigliere Pasquale Imperatore, presidente dell’Ordine di Matera, da sempre molto critico sul fatto che troppo spesso si (stra)parlava senza sapere come stavano davvero le cose – ha promosso una serie di incontri in tutto il territorio italiano, con l’avvallo dello storico presidente Emilio Croce, le cui dichiarazioni esclusive sono riportate a latere. A rendersi protagonisti di questa straordinaria campagna di comunicazione e formazione sono stati Romeo Salvi (membro del Collegio Sindacale) e il vice presidente Paolo Savigni, rispettivamente alla guida degli Ordini di Pesaro-Urbino e Siena, i quali, intuita la necessità di far conoscere l’Ente, criticità e opportunità comprese, hanno ideato un corso Ecm dal titolo “Enpaf: passato, presente, futuro”, svolto in oltre 30 città in tutta Italia, da Torino a Venezia e da Reggio Calabria a Trapani, e da cui è stata tratta una dispensa completa in tutte le sue parti, utilissima anche per la stesura documentata di questo articolo. 

Abbiamo chiesto proprio a Romeo Salvi di farci il punto della situazione e, avendone tastato personalmente il polso, cosa hanno espresso i più di 2.000 colleghi incontrati nei vari corsi. «Premetto che l’Ordine di Pesaro e Urbino è provider nazionale per farmacisti, medici e infermieri – ha detto Salvi – ed è quindi autorizzato ad accreditare gli eventi per il Ministero della Salute su tutto il territorio. Grazie allo strumento Ecm, abbiamo così potuto trattare l’argomento in termini di vera e propria educazione alla previdenza e assistenza, visto che la semplice informazione, per la quasi totalità della categoria, non ha efficacia. Peccato che, per una moltitudine di motivi, l’Ecm nel tempo è stato svilito nel suo tracciato e che i colleghi che ci hanno seguito sono stati comunque sempre troppo pochi…in particolare fra i titolari». 

Ma quali sono state le istanze più frequenti, diventate spesso fonte di polemiche, da parte dei farmacisti? «In ordine sparso – ha puntualizzato il Presidente pesarese – menziono la mancanza di un giusto motivo che rende obbligatorio essere iscritti sia all’Ordine sia all’Enpaf, l’inadeguato assegno pensionistico, l’elevata contribuzione, il contributo dello 0,90 per cento sul fatturato Ssn che il titolare paga senza avere un ritorno, la difficoltà di comunicare con gli uffici. A tali richieste abbiamo tentato di dare delle risposte, iniziando quindi a mettere in risalto che l’iscrizione all’Ente è congiunta all’iscrizione all’Ordine per chi esercita la professione, come dettato da una legge che obbliga tutti i professionisti italiani,
al pari degli altri cittadini-lavoratori, a essere iscritti a un Ente di previdenza. Tale legge, seppur datata, è tuttora in vigore e solo il Parlamento italiano può toglierla o modificarla». 

IL FAMIGERATO 0,90 PER CENTO

Uno dei punti più controversi è quello concernente il contributo dello 0,90 per cento sul fatturato Ssn, che ogni farmacia indirizza all’Enpaf. Il grande dilemma è: ma questo ulteriore balzello che il titolare paga, non andrebbe contabilizzato a fini pensionistici? «Se si vuole rispondere alla domanda in termini ideologici, potremmo stare qui per anni a discuterne – ha ripreso Salvi – mentre facendo un discorso razionale e legato oltretutto alle leggi vigenti, è chiaro che lo 0,90 per cento è un tributo della farmacia, e non del farmacista, stabilito peraltro dal Decreto Legislativo n. 187 del 04.05.77 art.5 che, abrogando tutti gli “sconti” maturati in oltre vent’anni di storia dell’Enpaf e introducendo appunto lo 0,90 per cento, ha portato a significativo risparmio rispetto alle precedenti trattenute».

Quindi, a rigor di logica, continuare ad appellarsi a questa “tassa”, usandola strumentalmente per invocare chissà quale “ingiustizia divina”, è totalmente fuori luogo al punto che la questione è stata per il momento chiusa, con una presa di coscienza di tutti gli interlocutori che hanno spostato la loro attenzione su altri aspetti della diatriba, anche perché negli ultimi anni le distinte contabili hanno avuto un brusco ridimensionamento e lo 0,90 per cento è passato da quasi 115.000.000  di euro a poco meno di 90.000.000, quando nel frattempo, dal 1995, sono stati reintrodotti sconti sul fatturato Ssn alle farmacie molto più onerosi, come si evince dalle distinte contabili.

Osservando con attenzione la tabella 1 qui riportata, ci si accorge che i valori contributivi sono diversi ma che, invece, tutti gli iscritti in realtà accedono a prestazioni assistenziali oggettivamente molto interessanti, con pari diritti e doveri, con quote contributive uguali per tutti, paragonabili a quelle necessarie per prendere due caffè al mese. «E già, non a caso nei nostri corsi abbiamo puntato molto sull’assistenza, facendo capire ai colleghi quanto sia importante questa opportunità messa a disposizione dall’Enpaf – ha concluso Romeo Salvi – che, pur essendo per statuto un Ente autonomo, è assoggettato al controllo dello Stato, attraverso il Ministero del Lavoro e Politiche Sociali e il Ministero dell’Economia e Finanze, rappresentato dai suoi funzionari nel Cda. Non si sprecano le occasioni in cui questi hanno elogiato l’operato dell’organizzazione, sia per aver messo l’Ente in sicurezza per i 50 anni previsti dalla legge, sia sorprendendosi, addirittura, dei vantaggi a disposizione di tutti gli iscritti. Se è vero che dal punto di vista previdenziale l’Enpaf riguarda soprattutto i titolari, i soci, i titolari di parafarmacie, i liberi professionisti e via dicendo, da quello assistenziale le sue prestazioni sono garantite a tutti gli iscritti, senza distinzione, con una quota fissa di soli 28 euro che, nel momento in cui si verificano imprevisti e problemi, diventano la chiave di accesso a contributi certe volte fondamentali, come è stato nel caso dei numerosi colleghi che purtroppo hanno subito il terremoto o vittime di altre calamità». 

Tabella 1 Tabella contributi a ruolo 2018

UN ESEMPIO PRATICO

Per fare un esempio pratico, nel 2017 la raccolta di questi 28 euro, moltiplicato per poco più di 90.000 iscritti, ha dato un totale di circa 2.600.000 euro dei quali circa 800.000 euro sono andati a farmacisti – titolari, non titolari, disoccupati, ecc. – colpiti dal terremoto dell’Italia Centrale che hanno avuto danni dal sisma. Sempre compresa nella stessa quota, l’Enpaf si è poi recentemente fatto carico dell’iscrizione all’Emapi (Ente di mutua assistenza per i professionisti italiani), che ha allargato in maniera importante le tutele assistenziali. Inoltre, pagando 16  euro all’anno (una bottiglietta di acqua minerale al mese), le farmaciste non iscritte ad altri Enti previdenziali, o disoccupate, possono usufruire dell’assegno di maternità. «E mi sento di evidenziare – riprende ancora Romeo Salvi – che la preoccupazione per una pensione ancora inadeguata viene, in buona parte, mitigata dalla certezza di poter almeno avere un’assistenza all’altezza della situazione in caso di problemi davvero gravi, cosa che rassicura me e i miei familiari».

A entrare negli aspetti contabili più tecnici è a questo punto Paolo Savigni, che ci ha dettagliato come funziona il conteggio della pensione per i farmacisti: «Con l’attuale sistema retributivo, che alla fine dei conti è ancora più conveniente rispetto al paventato contributivo, viene conteggiato l’assegno sia per chi paga la quota intera sia per chi paga la quota ridotta in proporzione mentre la quota di solidarietà è a fondo perduto. Alla quota soggettiva, descritta sopra, si aggiunge la quota oggettiva derivante dal contributo 0,90 per cento che tutte le farmacie, pubbliche e private, versano, che non è del titolare e che in questo periodo rappresenta appena lo 0,35 per cento dell’intera contribuzione. È evidente perciò che la contribuzione è, in realtà, sottostimata e, di conseguenza, produce una pensione assolutamente inadeguata per non dire drammatica, perché diventa poco più di una pensione sociale, soprattutto nei casi dei farmacisti che non possano contare su altre forme di previdenza». Quali sono i rimedi? «La consapevolezza che bisognerebbe pagare di più – ha ribadito Savigni – e da qui il tentativo di fare la riforma, ma, in ogni caso, con la consapevolezza di base che, per avere una pensione adeguata, si devono effettuare versamenti adeguati».

A tirare le fila del discorso, suggerendo anche soluzioni decisamente pragmatiche, è Francesco Imperadrice, presidente del sindacato dei non titolari di farmacia Sinasfa. «Il confronto del 23 maggio ha finalmente dato a tutte le componenti della categoria modo di confrontarsi sull’Enpaf – ha detto il farmacista napoletano – chiarendo una volta di più come tante delle polemiche emerse in questi mesi fossero strumentali. Se ci pensate, all’interno dell’Ente ci sono le risposte, perché ciò che afferma Savigni è sacrosanta verità ma già oggi i titolari potrebbero dormire sonni più rilassati semplicemente usufruendo della doppia o tripla contribuzione, che li porterebbe a una pensione più alta, avvalendosi anche di facilitazioni fiscali (realtà confermata dal dato riferito alla quota intera versata da ben 33.000 farmacisti a fronte di 18.000 farmacie private, ndr). L’unico vero grande problema di difficile assolvimento, che riguarda i non titolari, è il periodo di cinque anni di disoccupazione superato il quale diventa obbligatorio versare il 50 per cento della quota: purtroppo però mancano le coperture statali per ovviare a ciò. Per il resto – precisa Imperadrice – se anche noi non titolari fossimo maggiormente attenti a ciò che l’Enpaf ci comunica con tutti i suoi mezzi e, contemporaneamente, cogliessimo le opportunità già a nostra disposizione nel fondo contrattuale di previdenza, conosciuto da pochissimi, e che ci potrebbe portare a raggiungere almeno il 75 per cento dell’ultima retribuzione e non il 55-60 per cento come da previsioni Inps, probabilmente tutti staremmo più tranquilli pensando alla futura previdenza e non andremmo incontro agli enormi guai che si verificano nel momento in cui, per vari motivi, si resta indietro col pagamento delle quote». 

Parole sante, a dimostrazioni di come un dibattito, sereno e concreto, fra tutti i farmacisti, sarebbe sempre auspicabile, intorno a qualsiasi tavolo e su qualsiasi tema. Se è vero, come è vero, che l’unione fa la forza, quando ci si trova sulla stessa barca, pur con differenti ruoli, la rotta giusta si mantiene solo se si rema, insieme, nella stessa direzione. 

Il presidente Cossolo racconta il percorso di rinnovamento e ammodernamento delle prestazioni erogate. Lo 0,90 però è ancora un tabù

Siamo solo all’inizio

È un Marco Cossolo decisamente più “sereno” rispetto a quello che, tre mesi fa, avevamo ascoltato a Jesi sull’Enpaf. Presidente, qualcosa si è smosso…

Direi proprio di sì, l’incontro collegiale con le altre Istituzioni rappresentative che si è tenuto a fine maggio è stato soddisfacente per tutti e, finalmente, si sono concordate delle azioni condivise e fattibili, che costituiscono il primo passo verso una vera e propria riforma dell’Ente.

Da dove è partita la sua “crociata” per affrontare l’annosa questione della previdenza, dando per scontato che non ci sono dietrologie “politiche”?

Quando l’anno scorso ho fatto la campagna elettorale in giro per l’Italia, uno degli aspetti più dibattuti era quello riguardante l’Enpaf e la presunta inadeguatezza della pensione per i farmacisti titolari. E allora mi sono preso l’impegno di sollevare il problema ai massimi livelli, per discuterne con i vertici dell’Ente e con le altre parti sociali, intraprendendo un percorso di rinnovamento e ammodernamento delle prestazioni erogate.

Quindi è soddisfatto degli accordi raggiunti con il presidente Emilio Croce…

Diciamo che siamo all’inizio. Sicuramente, aver approfondito, in prima persona, l’argomento, mi ha dato modo di prendere coscienza di quanto sia importante sapere bene quello di cui si parla senza lasciarsi prendere dai facili populismi. La possibilità di rateizzare in sei bollettini il pagamento; un po’ di risorse in più, subito, ai titolari; la diminuzione della quota per i pensionati ancora iscritti all’Albo; l’eventualità di inserire l’Iva in sospeso dai pagamenti nel contributo Enpaf e una più mirata campagna di comunicazione, finalizzata a spiegare meglio le peculiarità dell’assistenza e i vantaggi della doppia o tripla contribuzione, sono dei tangibili segnali di progresso.

E i “totem”, tipo lo 0,90 per cento, continueranno a restare tali?

Per adesso, interveniamo su quello su cui si può veramente agire.
Sia lo 0,90 per cento, sul quale comunque vigileremo per sapere come saranno utilizzate queste risorse, sia il contributivo, che probabilmente non conviene a nessuno, per ora restano dei tabù, visto che stiamo parlando di temi di non facile soluzione. Piuttosto, continueremo a insistere perché siano agevolati i versamenti per i giovani e per i disoccupati: ora che sono stati brillantemente risanati i conti, cosa di cui va dato atto al presidente Croce e a tutti i suoi uomini, si deve assolutamente puntare a far sì che l’Enpaf, inteso come organismo solidaristico, si trasformi per davvero in uno strumento a disposizione di tutti i farmacisti italiani, titolari, non titolari e colleghi che lavorano in parafarmacia compresi, per puntare su una più equa e adeguata copertura pensionistica e assistenziale.

Il problema, ci dice il presidente dell’Enpaf Emilio Croce, non si risolve neanche con il passaggio al metodo contributivo, a meno di non ipotizzare l’aliquota percentuale di prelievo sul reddito pari al 33 per cento

L’adeguatezza delle pensioni? Poche soluzioni senza ingenti versamenti

Presidente Croce, perché in questi ultimi mesi si è tanto parlato di Enpaf dopo anni di silenzio?

Ogni riflessione parte da due considerazioni indispensabili per sgombrare il campo da ogni equivoco. La prima è che se il tema della previdenza è tornato prepotentemente alla ribalta è perché, anche all’interno della farmacia è esploso un problema, quello del lavoro, del quale però nessuno sembra voler parlare. E si sa che non c’è previdenza senza occupazione. La seconda considerazione è che l’Enpaf è l’organismo di categoria che ha affrontato le sfide scaturite dalla crisi: ha tradotto le prestazioni assistenziali in sostegni al reddito per i colleghi in difficoltà (titolari di farmacie rurali a basso reddito, titolari e soci di parafarmacia in situazione di bisogno, disoccupati, precari) ed è a oggi l’unica Cassa di previdenza che riconosce lo status di disoccupazione all’ iscritto. 

I più grandi passi avanti sono stati fatti in tema di assistenza.

L’Ente ha varato di recente una riforma dell’assistenza, approvata in via definitiva dai Ministeri vigilanti, che ha permesso di avviare dal 16 gennaio scorso la copertura dell’assistenza sanitaria integrativa per gli iscritti e titolari di pensione diretta, con oneri a carico esclusivo dell’Enpaf. Al riguardo, è stata stipulata una convenzione con Emapi, fondo sanitario integrativo al quale aderiscono 11 Enti di previdenza. Dallo scorso 16 aprile, poi, è stata avviata la copertura base di assistenza sanitaria integrativa per i “grandi interventi chirurgici e i gravi eventi morbosi”, anche con oneri a carico dell’Ente. La cassa ha anche provveduto ad aggiungere alla garanzia di base, in automatico e sempre con oneri a proprio carico, un’ulteriore copertura che eroga “indennità per grave invalidità permanente da infortunio”.

Nonostante quanto sia positivo tutto ciò, però, le polemiche di questo 2018 hanno portato all’incontro collegiale del 23 maggio solo al termine di un lungo e tortuoso percorso…

Compiuti gli interventi sull’assistenza, abbiamo avviato il confronto con tutte le componenti della categoria per riordinare anche gli assetti della previdenza, sviluppando il prezioso lavoro già avviato nel precedente mandato (gli organi sono stati appena rinnovati dopo le elezioni degli Ordini, ndr) dall’apposita commissione coordinata dal professore Alberto Brambilla. Quel lavoro aveva subito un fisiologico rallentamento a causa dell’approvazione della Legge sulla Concorrenza, che prevede l’avvento dei capitali nella gestione delle farmacie private e impone quindi un’attenta valutazione delle ricadute sui conti della cassa di previdenza, obbligata dal “Salva Italia” del 2012 a rispettare l’obbligo dell’equilibrio del saldo previdenziale a 50 anni, pena il passaggio al sistema di calcolo contributivo.

Cosa sarebbe successo in quel caso?

Il metodo di calcolo contributivo funziona come un vero e proprio libretto di risparmio in cui il lavoratore, con il concorso dell’azienda, provvede ad accantonare il 33 per cento del proprio stipendio (per i lavoratori autonomi l’aliquota è il 24 per cento del reddito). Il capitale versato produce una sorta di interesse composto, a un tasso legato alla dinamica quinquennale del Pil e dell’inflazione. Ovviamente più cresce l’Azienda Italia, maggiori saranno le rendite su cui si potrà contare. Alla data del pensionamento, al montante contributivo, (ossia alla somma rivalutata dei versamenti effettuati), si applicherà un coefficiente di conversione che cresce in base all’aumento dell’età. Grazie ai conti in ordine, invece, e al rispetto del requisito della sostenibilità  a 50 anni, l’Ente, in accordo con tutte le sigle di categoria, potrà mantenere l’attuale sistema a prestazione definita limitando le misure stringenti imposte dal “Salva Italia” al solo innalzamento dell’età pensionabile a 68 anni e all’adeguamento all’aspettativa di vita per la pensione di vecchiaia.

Quindi, presidente, dopo il 23 maggio, tutti d’amore e d’accordo…

Da quel giorno, concluso l’intenso lavoro di ascolto delle componenti della categoria, è scaturita la conferma che per larga parte di esse il passaggio al sistema contributivo non costituisce una priorità. Non sono però mancate le richieste e le indicazioni per individuare misure percorribili a migliorare alcuni istituti previdenziali, che saranno ora approfondite per valutarne fattibilità e sostenibilità ai fini di una loro eventuale adozione.

Quali sono quindi le istanze rimaste ancora, per così dire, sospese?

A restare insoluto è, inevitabilmente, il problema dell’adeguatezza delle prestazioni, che peraltro non si risolve con il metodo contributivo, a meno di non ipotizzare la stessa aliquota percentuale di prelievo, sul reddito, pari a quella dei lavoratori dipendenti iscritti all’Inps, pari al 33 per cento. Tutti i dati, così come le informazioni relative a una delle ultime novità che è sicuramente utile conoscere, ovvero l’estensione dell’istituto del cumulo pensionistico agli iscritti di tutte le Casse di previdenza dei professionisti (un’ulteriore opportunità per maturare una pensione a chi abbia periodi assicurativi in diversi istituti, che considerati singolarmente sarebbero stati inutilizzabili, prevista dalla legge di bilancio 2018), possono in ogni caso essere riscontrati sul sito dell’Ente nella “sezione amministrazione trasparente”.

Pubblicato su iFarma – Luglio 2018

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