Pensioni dei farmacisti: occhio ai dati sulla contribuzione
LA PREVIDENZA
Pensioni dei farmacisti: occhio ai dati sulla contribuzione
Enpaf, contribuzione più bassa tra i professionisti iscritti agli Ordini. Croce: «Il sistema deve essere in equilibrio e sostenibile»
23 febbraio 2023
di Rossella Gemma
Tra i liberi professionisti iscritti agli Albi dei rispettivi Ordini, e quindi alle rispettive Casse di previdenza, i farmacisti sono quelli che versano la contribuzione più bassa. A confermarlo sono i dati del decimo Rapporto annuale sul bilancio del sistema previdenziale italiano, redatto dal Centro Studi e ricerche di Itinerari Previdenziali. Si va infatti da una media di 2.704 euro annui proprio per i farmacisti a una media di 66.000 euro annui per i notai. Ovviamente, il dato fornito risente del fatto che tra gli iscritti Enpaf vi sono anche coloro che versano una contribuzione ridotta. In base al bilancio 2021, per esempio, se il numero di contribuenti è pari circa 99.000, di questi risultano 31.910 iscritti a contribuzione ridotta dell’85 per cento e 5.180 iscritti a contribuzione ridotta nella misura del 50 per cento.
Enpaf primo pilastro
I numeri sulla bassa contribuzione dimostrano perché, nel vigente sistema di calcolo, la pensione media risulta comunque contenuta, circa 6.700 euro annui, sebbene il dato sia influenzato da coloro che, avendo versato contribuzione ridotta, ricevono una pensione proporzionalmente ridotta. Va precisato tuttavia che per coloro che hanno versato la quota contributiva intera la pensione media è invece di circa 8.600 euro annui.
Come noto, infatti, il sistema previdenziale Enpaf è caratterizzato dalla differenziazione tra coloro che hanno come forma di previdenza solo l’Enpaf e i farmacisti dipendenti, che sono chiamati a contribuire congiuntamente a Inps ed Enpaf. L’Enpaf, infatti, è un Ente gestore di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale che rappresenta, insieme alle altre Casse di Previdenza e Assistenza, una caratteristica peculiare del sistema pensionistico obbligatorio italiano. Accanto all’Inps, queste Casse di Previdenza completano il quadro della previdenza obbligatoria italiana di primo pilastro.
In questo quadro va anche osservato che i medici – restando nel settore sanitario, in base ai dati del Rapporto di Itinerari Previdenziali – versano una contribuzione media di circa 8.600 euro annui, a cui corrisponde una pensione media di 8.500 euro annui. I dati sui trattamenti pensionistici dei medici sono tuttavia influenzati dalla circostanza che vi sono più gestioni in seno all’Enpam (una quota A che versano tutti gli iscritti all’Ordine e quindi all’Enpam e una quota B che viene versata in percentuale in caso di esercizio della professione oltre certi redditi) e che il fondo generale comprende tutti gli iscritti, facendo sì che i medici che versano in quota B abbiano una pensione più alta che alza il dato relativo alla pensione media. Allargando l’analisi anche ad altre categorie – paragone utile a capire con più chiarezza la situazione – osserviamo dati che parlano da sé. I veterinari, a fronte di una contribuzione media di 5.000 euro annui, ricevono una pensione media di circa 7.000 euro annui. I notai, a fronte della succitata contribuzione media annua di 66.000 euro, hanno una pensione media annua di 81.000 euro.
Pensioni commisurate ai contributi versati
«Sicuramente – ci ha detto nel merito il presidente Enpaf Emilio Croce – i dati rappresentano la migliore risposta a chi critica aprioristicamente i sistemi previdenziali in genere e in particolare quello dell’Ente. Tutti i sistemi previdenziali, infatti, devono essere in equilibrio e sostenibili; non è possibile riconoscere trattamenti pensionistici che non siano ancorati alla contribuzione previdenziale versata».
È bene precisare che le aliquote di contribuzione Inps, ai fini pensionistici per il lavoro dipendente, sono pari a circa il 33 per cento del reddito imponibile, con la seguente modulazione: 23,8 per cento a carico del datore di lavoro, 9,20 per cento a carico del lavoratore; mentre l’attuale sistema dell’Enpaf prevede un contributo fisso “base” slegato dai redditi percepiti effettivamente dall’iscritto. Questo finisce per influenzare anche l’adeguatezza del futuro assegno pensionistico per i singoli farmacisti.
«L’entità della contribuzione – conclude Croce – si riflette sulla determinazione del trattamento pensionistico futuro. Senza un’adeguata contribuzione le pensioni non possono essere elevate. E questo per chiarire a chi sostiene che le pensioni sono di importo basso, dimenticando, tra l’altro, il significativo risparmio fiscale derivante dalle deducibilità integrale del contributo Enpaf; deducibilità integrale che riguarda anche la contribuzione doppia e tripla, che generano un rendimento maggiorato, rispettivamente del 10 e del 15 per cento».