Omeopatia e ricerca scientifica, un connubio possibile?
L'AZIENDA
Omeopatia e ricerca scientifica, un connubio possibile?
L’omeopatia si avvale di metodi scientifici rigorosi e le nuove piste di ricerca potrebbero concentrarsi sul ruolo che può avere in un approccio di medicina integrata, accanto a quella convenzionale. Se ne è discusso in un webinar organizzato da Boiron
22 ottobre 2020
di Claudio Buono
È questo il tema del webinar promosso di recente da Boiron e che ha visto come relatrice Rachel Roberts, Chief executive dell’Homeopathy research Institute (Hri). Nel corso dell’evento digitale, la Roberts ha evidenziato come i detrattori dell’omeopatia (a partire dal rapporto australiano del National Health and Medical Research Council (Nhmrc) pubblicato nel 2015 e successivamente smontato in ogni suo punto dall’Hri) sostengano che non esistono studi scientifici a supporto della sua plausibilità e che tutt’al più le si può attribuire un effetto placebo, mentre molti altri credono che gli studi che l’hanno testata abbiano fornito risultati negativi. «Questo non corrisponde al vero», spiega l’esperta. «Esistono dati significativi a sostegno dell’evidenza scientifica dell’omeopatia. I più recenti e solidi, provenienti da una meta-analisi del 2014 di studi randomizzati controllati in doppio cieco con placebo, hanno dimostrato che i rimedi, quando sono prescritti durante il trattamento individualizzato, hanno una probabilità di 1,5 a 2,0 volte maggiore di essere efficaci rispetto al placebo».
La polemica delle ultradiluizioni
Il punto cruciale su cui si focalizzano i critici dell’omeopatia è che i suoi rimedi sono talmente diluiti da non avere nulla dentro. Sulla questione la Roberts ribadisce che anche se a oggi non si sa ancora con precisione quale sia il meccanismo d’azione dell’omeopatia, in quasi il 75 per cento degli esperimenti in vitro con diluizioni infinitesimali si è osservato un effetto biologico, e quasi il 75 per cento delle repliche sono risultate positive. Tuttavia, al momento nessun risultato positivo si è rivelato abbastanza stabile da poter essere riprodotto ogni volta da tutti i ricercatori.
La sfida della riproducibilità
Proprio il tema della riproducibilità rappresenta la sfida della ricerca in omeopatia che, assicura la relatrice, si avvale di metodi scientifici rigorosi. «Si stanno facendo progressi in questo ambito», aggiunge, «e i migliori risultati si sono avuti, in particolare, con gli esperimenti condotti su leucociti basofili e rane, mentre progressi si riscontrano anche nell’identificazione degli esperimenti maggiormente riproducibili con le piante. Rachel Roberts conclude auspicando che per il futuro le nuove piste di ricerca si concentrino sul ruolo che l’omeopatia può avere in un approccio di medicina integrata, accanto a quella convenzionale. «Il che significa strutturare un programma strategico che conduca la ricerca verso un campo più ristretto di patologie, con l’obiettivo di raccogliere un numero significativo di dati, e contestualmente promuova modalità uniformi di indagine».