Modelli rigenerativi: il futuro che costruiamo oggi
LA SOSTENIBILITÀ
Modelli rigenerativi: il futuro che costruiamo oggi
Quello che accade nella propria farmacia genera un impatto positivo o negativo per le prossime generazioni? La transizione verso un futuro rigenerativo è una responsabilità di tutti
31 ottobre 2024
di Samira Tasso
Evolution Flow Leader Nativa
Proviamo a proiettarci nel 2030: ci troviamo in un mondo in cui le attività umane mirano a migliorare la salute e a promuovere un equilibrio tra lo sviluppo economico e i limiti dei sistemi naturali. Un’economia orientata non solo all’accumulo di ricchezza, ma anche alla costruzione di società giuste, resilienti e sostenibili. In questo scenario, ecosistemi sani garantiscono il bilanciamento climatico, la fertilità del suolo e la stabilità dei sistemi agricoli.
Parliamo del 2030 perché è l’anno in cui le Nazioni Unite hanno stabilito di raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) per affrontare le sfide globali. La domanda è: a soli sei anni dal traguardo stiamo avanzando o arretrando in questa visione?
Un paradigma estrattivo
Secondo molti scienziati, il mondo in realtà sta vivendo la sesta estinzione di massa, con specie che scompaiono a un ritmo 1.000 volte superiore a quello naturale a causa della distruzione degli habitat, della deforestazione, del cambiamento climatico e dell’inquinamento. Il cambiamento climatico non minaccia solo la biodiversità, ma compromette anche il benessere umano. Gli effetti, come la desertificazione e l’innalzamento del livello del mare, hanno conseguenze dirette sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza di milioni di persone.
Gli SDG stabiliscono obiettivi per bilanciare la biosfera, l’economia e la società, garantendo un futuro in cui tutti possano soddisfare i propri bisogni. Sono parte di una visione nata con il Rapporto Brundtland del 1987, che per primo definì lo sviluppo sostenibile come la capacità di soddisfare i bisogni presenti senza compromettere quelli futuri. Il concetto di sostenibilità non si limita più a una riduzione del danno, ma si estende alla rigenerazione dei sistemi naturali già compromessi.
Missione impossibile?
L’Agenda 2030 non punta a una crescita economica indefinita, ma a migliorare la qualità della vita rispettando i limiti della biosfera. Ma, a fronte degli obiettivi ambiziosi che pone, i progressi a oggi sono stati disomogenei. Secondo l’ultimo rapporto dell’Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile), rispetto al 2010 ci sono stati lievi miglioramenti in otto obiettivi, mentre sei hanno visto un peggioramento e tre sono rimasti stabili. Dei 33 target da raggiungere entro il 2030, solo otto potrebbero essere raggiunti, mentre 14 sono considerati impossibili entro quella data. Per nove i risultati sono altalenanti e due soffrono della mancanza di dati per una valutazione precisa. Questo dimostra che, sebbene ci siano stati alcuni progressi, molte sfide rimangono aperte. È necessaria un’ondata di innovazione radicale a grandi passi.
Un segnale chiave verso la decarbonizzazione è arrivato con la COP28 di Dubai, che ha riconosciuto ufficialmente il ruolo centrale dei combustibili fossili nella crisi climatica. Per la prima volta, è stato esplicitamente menzionato il bisogno di una transizione da un’economia basata sui combustibili fossili a una fondata su fonti energetiche rinnovabili.
L’Europa, con il suo Green Deal Europeo, si è posta come leader nell’affrontare la crisi climatica, mirando a diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, per limitare il riscaldamento globale e favorire il conseguimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi. Ma la crisi climatica è solo uno dei sintomi di un sistema insostenibile. Non si tratta solo di ridurre le emissioni, ma di cambiare il nostro modo di interagire con il pianeta.
Una visione troppo antropocentrica
Quando si parla di sostenibilità, spesso vediamo raffigurata l’immagine di mani che sorreggono una piantina, suggerendo l’idea di un’umanità magnanima che protegge la natura, controllandola e dirigendone il corso. Tuttavia, questa visione è profondamente antropocentrica: implica che l’uomo sia al di sopra della natura, quando in realtà siamo parte integrante di essa, dipendendo totalmente dagli ecosistemi per la nostra sopravvivenza. Riconoscere questo equilibrio è essenziale per intraprendere un cambiamento culturale che ci spinga verso modelli rigenerativi.
Occorre ripensare i modelli di produzione e consumo per poter ripristinare gli ecosistemi, promuovere giustizia sociale e creare economie in armonia con la natura.
Ogni crisi ambientale e sociale è interconnessa. Proteggere la biodiversità stabilizza il clima e rafforza la resilienza delle comunità. L’economia circolare riduce il fabbisogno di risorse e implica diverse abitudini di consumo.
La responsabilità sociale delle aziende
Il ruolo del business è cruciale in questa trasformazione. Le aziende hanno il potenziale per generare cambiamenti su scala globale, paragonabili agli eventi naturali trasformativi. Tuttavia, il modello aziendale dominante presenta un difetto di fondo: la concentrazione esclusiva sulla creazione di valore per gli azionisti, con conseguenze negative per l’ambiente e la società.
Un esempio di cambiamento positivo del fare business sono le Società Benefit, introdotte in Italia nel 2016, che combinano profitto e finalità di beneficio comune. Questo approccio non solo favorisce una maggiore responsabilità sociale, ma si dimostra anche redditizio: tra il 2019 e il 2022, le Società Benefit italiane hanno registrato una crescita del fatturato del 37 per cento, più del doppio rispetto alle imprese tradizionali. Inoltre, presentano livelli di produttività ed Ebitda margin superiori, con il rapporto tra margine operativo lordo e ricavi passato dall’8,5 per cento nel 2019 al 9 per cento nel 2022.
Le imprese che adottano modelli che tendono alla rigenerazione non solo riducono l’impatto ambientale, ma sviluppano soluzioni innovative che le rendono più resilienti nel lungo termine. Un esempio è l’uso di design modulare e tecnologie per estendere il ciclo di vita dei prodotti, riducendo la dipendenza da risorse esauribili.
Infine, la transizione verso un futuro rigenerativo non è una responsabilità solo dei governi o del mondo del business. È un impegno che coinvolge tutte e tutti: cittadini, comunità e città. Ciò che ognuno può fare è iniziare a chiedersi in ogni azione: quello che sto facendo, genera un impatto positivo o negativo per le future generazioni?