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Long-term care: la sfida per l’Italia che invecchia

DALLE ASSOCIAZIONI

Long-term care: la sfida per l’Italia che invecchia

Long-term care: la sfida per l’Italia che invecchia

Secondo l’associazione Italia Longeva è la long-term care il banco di prova che l’Italia deve affrontare dal punto di vista sociosanitario. Aumenta il fabbisogno di assistenza e diminuiscono le risorse umane ed economiche per farvi fronte. Potenziamento di assistenza domiciliare, reti di presidi socioassistenziali e sanitari una possibile soluzione

22 luglio 2018

di Redazione

Far fronte all’inevitabile perdita di autonomia della popolazione italiana che invecchia, investendo in reti assistenziali, competenze e tecnologia. Questa la ricetta proposta dall’associazione Italia Longeva – Rete nazionale sull’invecchiamento e la longevità attiva – per evitare che la bomba demografica italiana esploda producendo conseguenze di difficile gestione nei prossimi anni.

La long-term care è infatti il vero banco di prova per il nostro Paese, che invecchia sempre più: secondo proiezioni Istat presentate da Italia Longeva al Ministero della Salute nel corso della terza edizione degli Stati Generali dell’assistenza a lungo termine, nel 2030, potrebbero essere ben quattro milioni e mezzo gli ultra sessantacinquenni che vivranno da soli, e di questi un milione e duecentomila avrà più di ottantacinque anni. Numeri che nel 2050 potrebbero salire a dire venti milioni e quattro milioni rispettivamente.

Nulla di grave se non fosse che all’aumento dell’età anagrafica corrisponde un aumento della richiesta di assistenza socio-sanitaria e un aumento delle disabilità. E che in parallelo il numero di persone in età lavorativa, capaci da un lato di prendersi cura degli anziani e dall’altro di versare i contributi utili a pagare pensioni e assistenza sanitaria saranno sempre meno: un anziano ogni tre persone lavorative oggi, contro uno ogni due domani.

Non è solo il quadro anagrafico a preoccupare, ma anche quello epidemiologico: entro dieci anni potrebbero essere circa otto milioni le persone con almeno una malattia clinica grave; impossibile immaginare ricoveri ospedalieri per tutti.

Più verosimile invece l’ipotesi di avviare reti di cure territoriali in grado di far fronte a questo fenomeno. Assistenza domiciliare, reti di presidi socioassistenziali e sanitarie devono diventare una realtà concreta in tutto il territorio nazionale, mentre oggi sono ancora privilegio di pochi, soprattutto nelle regioni del Nord dove un cittadino con più di sessantacinque anni ha il triplo delle possibilità di essere ospitato in una residenza sanitaria assistenziale rispetto a un cittadino del Sud, e ha a disposizione circa il quintuplo di assistenza domiciliare, in termini di ore e di servizi.

Commenta il Presidente dell’Inps, Tito Boeri: ” Ci vogliono politiche di riconciliazione fra lavoro e responsabilità famigliari che modulino gli aiuti in base allo stato di bisogno, ad esempio sembra opportuno rimodulare i permessi della L. 104/92 in base al bisogno effettivo di assistenza”. Poiché, continua, “le generazioni maggiormente a rischio di non autosufficienza passeranno da un quinto a un terzo della popolazione italiana. Non è pensabile rispondere a una domanda crescente di assistenza di lungo periodo basandosi pressoché interamente sul contributo delle famiglie”.

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