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L’aderenza terapeutica e la pratica quotidiana in farmacia

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L’aderenza terapeutica e la pratica quotidiana in farmacia

I medicinali non funzionano nei pazienti che non li prendono. E questo succede pressappoco in un paziente su due, a livello mondiale (dati OMS). Per questo è necessario parlare di aderenza terapeutica, così come è fondamentale esplorare nella pratica quotidiana del farmacista tutti i margini di intervento che già entro stasera, prima di chiudere la serranda, possiamo porre in atto. Di questo mi occuperò in questa rubrica quindicinale, che vuole trasmettere nozioni ma essere anche pratica, perché possiate, care colleghe e cari colleghi, sfruttarne i consigli tutti i giorni al banco

31 ottobre 2024

di Sergio Cattani, farmacista

L’aderenza ai trattamenti (AT) si riferisce alla capacità di seguire le raccomandazioni in termini di timing, dosaggio, frequenza e durata di un medicinale prescritto. La mancata aderenza è uno dei motivi principali che portano un paziente a non raggiungere gli obiettivi clinici. L’AT è una sfida per tutti gli operatori sanitari, nel trattamento di malattie croniche. Spesso purtroppo però gli stessi non se ne occupano, soprattutto per mancanza di tempo, ma anche di conoscenze.

Intenzionale o non intenzionale?

Nel tentativo di capire meglio le cause della mancata aderenza, i ricercatori la distinguono in due tipi: intenzionale e non intenzionale. La prima è una decisione attiva da parte del paziente, la seconda invece è un processo involontario che porta il paziente a sbagliare per dimenticanza, mancanza di attenzione o circostanze fuori dal suo controllo (health literacy). A volte queste cause coesistono.
In un campione di 24mila adulti, la dimenticanza è stata la causa non intenzionale più comune, mentre quella intenzionale è stato saltare le dosi per farle durare più a lungo. Chi ha una peggiore considerazione della propria salute ha anche una peggiore aderenza, forse anche a causa del maggior numero di farmaci assunti. La mancata aderenza non intenzionale non è casuale né accidentale bensì, come la mancata aderenza intenzionale, dipende dall’opinione che i pazienti hanno dei farmaci che assumono. Quando accadono episodi occasionali di mancata aderenza non intenzionale, potrebbe essere (ipotesi) che il paziente testi l’efficacia del medicinale o calibri i sintomi senza prenderlo. Oppure che ci siano scarsa motivazione, dubbi sulla terapia prescritta e/o bassa percezione del bisogno di assumere il medicinale. 

Le persone che preferiscono un ruolo attivo (condivisione e autogestione della terapia) mostrano generalmente migliore aderenza terapeutica; quindi, questi aspetti vanno promossi e incoraggiati. Anche una metanalisi di 106 studi indica un aumento relativo pari a x2,16 di migliore aderenza terapeutica rispetto al modello paternalistico (“Tu fai quello che ti dico io”).

La dimissione ospedaliera è un momento cruciale ed errori come la mancata revisione dei farmaci assunti portano sovente a peggioramenti o nuovi ricoveri, specialmente in chi ha terapie complesse. Anche in questo caso i farmacisti possono intervenire positivamente, incoraggiando la revisione da parte del medico di base e/o aiutando il paziente a capire il foglio di dimissione, leggendolo con lui.

In conclusione

L’aderenza e la non-aderenza ai farmaci sono comportamenti complessi e non casuali. Il comportamento di non aderenza non è bianco/nero o giusto/sbagliato. Di conseguenza, è necessario che i pazienti siano supportati e non colpevolizzati. I pazienti con condizioni complesse e scarsa alfabetizzazione sanitaria, in particolare, hanno bisogno di più tempo. Inoltre, il comportamento di aderenza non è statico; cambia e si evolve nel tempo in base ai bisogni e alle convinzioni del paziente. Nonostante la miglior prescrizione medica, il miglior piano di dimissione e il miglior packaging, se un paziente decide di non assumere i farmaci, è uno spreco di risorse in assistenza sanitaria e fonte di frustrazione per medici e farmacisti. Pertanto, ogni operatore sanitario dovrebbe considerare l’adesione dei propri pazienti come la massima priorità a ogni visita e comunicazione.

Key Takeaways

Come piccolo consiglio, se ci sta a cuore l’aderenza terapeutica dei nostri pazienti, non concentriamoci tanto sul “cosa gli dico”, ma sul “come lo ascolto”. Spesso le terapie croniche in farmacia vengono dispensate in maniera passiva, senza grande confronto e discussione tra farmacista e paziente. Già oggi, prima di abbassare la serranda, chiediamo a ogni paziente cui dispensiamo la terapia cronica della pressione «Come va allora questa pressione?», oppure nel caso del diabete «La glicemia è sotto controllo oppure no?», e via così. A volte va bene anche un semplice «Come va?», per rompere il ghiaccio. Preoccupiamoci della sua salute, tenendo a mente l’obiettivo di verificare la sua fiducia nella terapia che segue e nella possibilità di stare meglio. Ricordandoci sempre che la sua salute dipende anche da noi.

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