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Italiani, malati immaginari? No, colpa dei cambiamenti climatici

L'AGGIORNAMENTO

Italiani, malati immaginari? No, colpa dei cambiamenti climatici

Secondo una ricerca svolta da Human Highway per Assosalute-Federchimica, gli effetti sulla salute del cambiamento climatico preoccupano quasi 1 italiano su 2. Se ne è parlato in un evento on line con Claudio Cricelli, presidente emerito della Simg, che ha fatto il punto su patologie e disturbi riconducibili alle modifiche del clima e sui comportamenti di cura

30 maggio 2024

di Rossella Gemma

Stanchezza diffusa (46,9 per cento), malesseri muscolo-scheletrici dovuti agli sbalzi termici (33,2 per cento), sintomi influenzali fuori stagione (30 per cento) e allergie prolungate (29,1 per cento). Sono questi i sintomi più diffusi tra gli italiani a causa dei cambiamenti climatici, secondo i dati emersi dalla ricerca di Human Highway per Assosalute, Associazione farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, presentata all’evento on line “Cambiamenti Climatici: quali gli effetti sulla salute?”.

Inquinamento, produzione ed esposizione prolungata ai pollini, innalzamento delle temperature, alluvioni e condizioni meteorologiche estreme sono tutti fattori che stanno, dunque, influenzando la salute umana. Lo sa bene l’84,2 per cento degli italiani, che riconosce in questi le cause di piccoli disturbi sempre più frequenti. Se la popolazione più anziana è maggiormente affetta da dolori muscolo-scheletrici dovuti agli sbalzi termini, i giovani sono invece più suscettibili a influenze e allergie fuori stagione.

Un nuovo calendario delle epidemie

«È importante considerare che, sebbene i cambiamenti climatici siano fenomeni globali, il loro impatto varia in base alle diverse situazioni geografiche», ha spiegato Claudio Cricelli, presidente emerito della Simg (Società italiana di Medicina generale e delle Cure primarie). «Sono molti i cambiamenti imprevedibili a cui stiamo assistendo: quello della fioritura delle piante, per esempio, o la diversa stagionalità dei pollini, con conseguenze sul calendario delle allergie, o, ancora, su quella delle epidemie. A volte, i picchi si verificano in periodi anticipati, come è accaduto quest’anno con l’influenza, presentatasi a dicembre anziché gennaio/febbraio. Questo ci fa riflettere sull’esistenza di una correlazione tra il clima e l’andamento delle epidemie, un tema su cui la ricerca scientifica sta già cominciando a fornire alcune risposte ma che è necessario approfondire ulteriormente».

In parallelo, secondo Cricelli, stanno emergendo picchi di malattie respiratorie acute, particolarmente evidenti in aprile, come avvenuto quest’anno, con sintomi che persistono per un periodo più prolungato (2-3 settimane). «È importante comprendere la relazione tra questo cambiamento nella manifestazione delle malattie infettive e il mutamento climatico. Sospettiamo che vi sia una correlazione e che le stagioni stiano subendo variazioni, influenzando anche l’evoluzione dei virus».

Preoccupazioni diverse per genere e per generazione

Dai dati, comunque, emerge che quasi 1 italiano su 2 (47 per cento) è convinto che, allo stato attuale, il cambiamento climatico abbia già delle gravi conseguenze sulla salute di tutti, non solo dei soggetti vulnerabili. E le più allarmate sono sicuramente le donne (l’84,2 per cento vs il 64,4 per cento degli uomini).

L’esposizione e, di conseguenza, la conoscenza del tema, aumenta con l’età: è relativamente più bassa tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni (68,6 per cento) e molto alta tra gli over 65 (84 per cento). Tuttavia, a essere più preoccupati del fatto che il cambiamento climatico possa avere gravi conseguenze per la salute di tutti sono non solo gli over 65 (53,5 per cento), ma proprio i giovanissimi (50,7 per cento), mentre il problema è meno sentito dai i 45-54enni (39,6 per cento).

Le figure di rifermento e i rimedi

In caso di piccoli disturbi correlati ai cambiamenti climatici, gli italiani si rivolgono al medico (45,2 per cento) o fanno ricorso ai farmaci di automedicazione (25,1 per cento), a cui si tende ad affidarsi all’aumentare dell’età, soprattutto tra i 45-54enni. Il 21 per cento del campione preso in esame da Human Highway opta, invece, per metodi naturali, mentre il 20,9 per cento si affida al consiglio del farmacista. Solo l’11,7 per cento cerca informazioni su sintomi e rimedi on line, comportamento molto diffuso tra gli under 24, mentre una quota simile (11,9 per cento) non fa nulla, aspettando che il sintomo passi da sé.

Giovanna Hotellier, Data Analyst e Market Research di Human Highway, ha spiegato che per quanto riguarda la prevenzione dei piccoli disturbi legati agli agenti atmosferici e stagionali anomali, la ricerca evidenzia quanto gli italiani diano importanza agli stili di vita. «Infatti, il primo comportamento attivato da quasi 1 italiano su 2 (49,1 per cento) è quello più immediato, ovvero intervenire su alimentazione e idratazione, mangiando e bevendo correttamente. Altri comportamenti, come evitare ambienti affollati/inquinati, fughe nella natura e intervenire sul sonno, hanno un peso sostanzialmente simile e sono attuati in 1 caso su 5. La pratica di sport e di attività fisica per prevenire i piccoli disturbi è più diffusa tra gli uomini (37,2 per cento vs. 26,2 per cento tra le donne) mentre per le donne è (ancora) più comune intervenire su alimentazione e idratazione ma anche su altri aspetti come abbigliamento, sonno, evitare ambienti affollati/inquinati».​

Consigli e raccomandazioni

Se l’innalzamento delle temperature è un fenomeno ormai incontestabile, Cricelli ha rimarcato la necessità di prenderne consapevolezza e di prepararsi ad affrontare stagioni più lunghe di caldo in modo adeguato, tenendo conto delle diverse esigenze legate all’età e al proprio quadro clinico di partenza, in vista dell’estate. I consigli? Per quanto sentiti mille volte sono i più immediati e validi: «I più vulnerabili dovrebbero cercare ambienti freschi e ombreggiati, evitando di esporsi al sole durante le ore più calde e curando particolarmente l’alimentazione. Per tutti è fondamentale rimanere sempre idratati – raccomanda Cricelli – e prestare attenzione ai farmaci che si assumono, consultando il medico per ottenere indicazioni specifiche su come gestirli in relazione alle variazioni climatiche».

Gli esseri viventi sono intrinsecamente predisposti ad adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente circostante, «ma bisogna ricordare che ogni stimolo esterno suscita una reazione in noi, e che esistono limiti alla nostra capacità di adattamento. Sebbene sia possibile vivere in ambienti estremi, come gli ambienti polari o equatoriali, vi è un punto oltre il quale perdiamo il controllo. È cruciale, dunque – ha concluso Cricelli – lavorare sulle circostanze ambientali per impedire il superamento di tali limiti e per aiutare il nostro organismo a gestire meglio i cambiamenti, tenendo conto delle varie età e fragilità individuali».

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