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Gli italiani e le malattie “di stagione”

L’INDAGINE

Gli italiani e le malattie “di stagione”

(c) freepik.com

Un incontro con il virologo Fabrizio Pregliasco ha fatto il punto su ciò che ci attende nella prossima stagione influenzale, a partire da una ricerca realizzata per Assosalute sulle abitudini di cura e prevenzione dei nostri connazionali

26 settembre 2024

di Claudio Buono

Un focus sulle previsioni sulla prossima stagione influenzale e l’incidenza del Covid-19 sui virus stagionali: questi i temi trattati martedì in occasione dell’evento “Tra vecchie e nuove ‘influenze’: come il Covid-19 influenzerà ancora la diffusione e la gestione dei virus stagionali”, che ha visto la partecipazione di Fabrizio Pregliasco, direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva – Università degli studi di Milano e direttore sanitario d’azienda per IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano, e di Giovanna Hotellier, dell’Istituto di ricerca Human Highway.

I due relatori hanno commentato i risultati di una ricerca sui comportamenti di cura e di prevenzione degli italiani condotta da Human Highway per Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica.

Dalla ricerca emerge che un italiano su due esprime preoccupazione per la prossima stagione influenzale, temendo che i virus possano essere particolarmente aggressivi e contagiosi, come è accaduto lo scorso anno. Nonostante ciò, il Covid-19 sembra aver perso centralità nelle preoccupazioni quotidiane, anche se due connazionali su tre, uomini e donne indifferentemente, sono consapevoli che il virus non è scomparso e che potrebbe tornare con nuove varianti. Inoltre, il 51,6 per cento di loro considera ora il Covid-19 una “normale infezione virale”, un dato quasi raddoppiato rispetto al 2023, quando solo il 27 per cento lo assimilava all’influenza.

Tra vecchie e nuove influenze

«La stagione delle infezioni respiratorie quest’anno non si è mai veramente conclusa», fa notare Pregliasco. «Anche durante l’estate, a causa degli sbalzi termici, i livelli di contagio non sono scesi sotto la soglia critica, con una persistenza di infezioni causate non solo da virus influenzali ma anche da “virus cugini”, come il virus respiratorio sinciziale (RSV), il rinovirus, il metapneumovirus e i virus parainfluenzali, assieme al contributo del Covid-19 e di alcuni batteri che hanno provocato problemi polmonari». Questi virus continueranno a circolare anche nella prossima stagione, che sarà, prevede il virologo, «piuttosto intensa, simile a quella del 2022 e più vivace rispetto allo scorso anno, con circa 14 milioni e mezzo casi di influenza e infezioni respiratorie, tra cui il Sars-CoV-2. Di quest’ultimo in autunno ci aspettiamo una presenza importante in quanto la variante che si diffonderà nei prossimi mesi è la Xec, che è immunoevasiva. Per l’influenza, invece, tra i principali virus in circolazione segnalo l’A/H1N1 e l’A/H3N2».

Primi sintomi: come si comportano gli italiani

«Dalla nostra indagine – ha spiegato Hotellier – gli italiani sembrano continuare ad adottare buone pratiche di comportamento. Il 49,3 per cento ritiene che la scelta più prudente, in caso di malessere, sia riposare, assumere medicinali da banco (o di automedicazione) e contattare il medico solo se dopo tre giorni non si osserva alcun miglioramento». Dalla survey emerge però che il 22,4 per cento, alla comparsa dei primi sintomi preferisce rivolgersi immediatamente al medico di base, sebbene questa percentuale sia in calo rispetto ai picchi del periodo 2020-/2021, quando la pandemia imperversava. Le donne, in particolare, sono più inclini al ricorso ai farmaci di automedicazione: il 57 per cento di loro considera riposo, medicinali da banco e il contatto del medico solo in caso di mancato miglioramento la scelta migliore, rispetto al 42,5 per cento degli uomini. Gli over 65, invece, mostrano una maggiore propensione a contattare subito il medico e attribuiscono un’importanza superiore alla vaccinazione antinfluenzale.

Farmaci di automedicazione: la scelta più diffusa

Sempre secondo lo studio di Human Highway, i farmaci di automedicazione si confermano la scelta più diffusa tra gli italiani in caso di affezioni respiratorie, a testimonianza di una forte fiducia in queste specialità medicinali il cui utilizzo è considerato efficace, sicuro, rapido e pratico. Il 64 per cento della popolazione li sceglie per alleviare la gestione dei sintomi influenzali e il ricorso a essi risulta trasversale a tutte le fasce d’età. Da sottolineare, poi, che cresce il ricorso autonomo a tali farmaci (25,5 per cento) e la richiesta di consiglio al farmacista (17,8 per cento), anche se comunque negli ultimi anni si è assistito a un aumento del ricorso al medico di base (attualmente, il 60 per cento degli italiani lo consulta, con il massimo tra gli over 65) in caso di influenza e sindromi respiratorie.

Un’errata abitudine

Purtroppo, è ancora significativo il numero di coloro che in caso di virus influenzali dichiarano di ricorrere all’antibiotico con la convinzione che sia il rimedio più efficace, «quando è noto che l’errata assunzione di antibiotici in caso di malattie virali può aggravare il problema della resistenza a tali farmaci e non contribuisce al trattamento delle suddette infezioni», avverte Pregliasco. Rientra in questa categoria ben il 15 per cento degli italiani, percentuale che raggiunge il 24 per cento tra i giovani tra i 18 e i 24 anni.

Tampone, sì o no?

In caso di comparsa dei sintomi da raffreddamento, il 40 per cento degli italiani considera corretto eseguire un tampone antigenico, mentre il 24,1 per cento ritiene non sia necessario. Sono i giovanissimi (18–24 anni) e la fascia d’età dai 55 ai 64 anni i più favorevoli al test, con quasi il 47 per cento che lo considera una buona pratica. Al contrario, i 25-44enni mostrano un atteggiamento più cauto, valutando caso per caso, mentre i meno propensi a fare un tampone sono i 45-54enni e i residenti nel Nord-Ovest d’Italia.

L’importanza di vaccinarsi

Sebbene ci sia stato un incremento della copertura vaccinale antinfluenzale negli anni scorsi, in parte dovuto alla preoccupazione per il Covid-19, oggi si osserva una flessione nel trend. I dati parlano di un 47 per cento degli intervistati che ritiene improbabile l’intenzione di fare il vaccino mentre un 34 per cento è propenso al trattamento, di cui il 40 per cento degli over 45 e il 60,5 per cento degli over 65.

In vista della prossima stagione influenzale, Pregliasco raccomanda la doppia vaccinazione per il Sars-CoV-2 e per l’influenza per le persone fragili che necessitano di una protezione aggiuntiva, ma non solo per loro: infatti chi manifesta i sintomi può diventare un potenziale vettore di infezione.

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