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Farmacista case manager

LA PROFESSIONE

Farmacista case manager

Ai professionisti nelle farmacie di comunità il ruolo di pivot della sanità territoriale per le cure dei pazienti diabetici: migliora l’aderenza e riduce i costi per il Ssn. Uno studio coordinato da Raffaele La Regina, farmacista rurale di San Rufo, in provincia di Salerno

12 novembre 2020

di Carlo M. Buonamico

Raffaele La Regina

Raffaele La Regina

«Fare scendere il valore di emoglobina glicata di quella paziente da 19,9 a 7, che significa che il diabete è quasi sotto controllo, è stata la soddisfazione più grande». Così Raffaele La Regina, farmacista territoriale del piccolo borgo campano di San Rufo, racconta come è stato possibile aiutare una paziente diabetica agendo come team insieme allo specialista diabetologo e al medico di medicina generale. Non si tratta di un caso isolato in cui gli operatori sanitari ottengono risultati eccellenti facendo squadra. L’episodio di questa paziente rientra nello studio clinico “A new case manager for diabetic patients: a pilot observational study of the role of community pharmacists and pharmacy services in the case management of diabetic patients” coordinato dal dottor La Regina e pubblicato su Pharmacy lo scorso 19 ottobre.

La farmacia dei servizi integrata nei Pdta

Il cuore del progetto è presto detto e nasce dalla volontà di questo farmacista di trovare un modo per integrare la farmacia dei servizi nei percorsi diagnostico terapeutico-assistenziali (Pdta) delle patologie croniche, come il diabete. «Nell’attività quotidiana notavo che i pazienti che più avevano difficoltà a completare il loro percorso erano quelli diabetici. Notavo anche la disparità di accesso alle cure all’interno di una stessa Regione come la Campania. In provincia di Salerno i pazienti sono inseriti in un programma di screening che prevede una serie di prestazioni prescritte dal centro diabetologico ma vengono poi lasciati a se stessi per quanto riguarda la prenotazione di visite ed esami attraverso il Cup», racconta La Regina. Il farmacista ha quindi pensato di mettere in relazione i dati di aderenza al Pdta con quelli di accesso alle prestazioni, e ha notato diversi fenomeni concomitanti: bassissima aderenza al Pdta, mancanza di una figura di riferimento per le prestazioni e poca accessibilità alle strutture sanitarie pubbliche a causa di orari poco conciliabili con la vita lavorativa dei pazienti.
«Analizzando il Pdta dei pazienti diabetici della Regione Campania ho visto che tre quarti delle prestazioni previste – esami urine, esami del sangue, elettrocardiogramma, analisi del fondo dell’occhio – potevano essere svolti in farmacia attraverso l’uso della telemedicina e di strumenti Point of Care. Per le restanti prestazioni, parimenti, il farmacista poteva essere un riferimento per la prenotazione delle stesse», spiega La Regina. «Ho immaginato quindi che il farmacista territoriale potesse essere la figura più adatta per fungere da case manager per il paziente diabetico. È nato così uno studio vero e proprio a cui hanno partecipato 40 pazienti, due medici specialisti in diabetologia dell’Asl locale e otto medici di medicina generale (Mmg)». Obiettivo primario dello studio era di aumentare l’aderenza ai controlli. I risultati sono stati ottimi: «Abbiamo registrato il 98 per cento di aderenza sia ai controlli effettuati in farmacia sia a quelli esterni ma di cui il farmacista si occupava delle prenotazioni o del contatto con il Mmg», commenta il coordinatore dello studio.

Il secondo end point

Secondo end-point era la variazione dei livelli dei parametri clinici come emoglobina glicata, colesterolo Ldl e pressione arteriosa: in questo caso sono stati registrati valori fino al 7 per cento in meno, per esempio per l’emoglobina glicata. «Abbiamo monitorato anche la variazione dei tempi di attesa per esami come l’analisi del fondo dell’occhio», aggiunge, «e, grazie alla telemedicina, è stato possibile anticipare i tempi di esecuzione di 120 giorni circa rispetto alle agende di prenotazione delle strutture pubbliche». Lo studio ha infine analizzato anche l’eventuale variazione dei costi legati alla gestione del paziente diabetico e delle sue complicanze. «Applicando un modello di analisi già utilizzato nelle Marche abbiamo visto che se il farmacista agisce da case manager si determina un risparmio di circa 10 mila euro all’anno ogni 40 pazienti. Si tratta di un risultato pregevole, perché è un valore al netto dei costi di implementazione di questo iter e anche dell’eventuale spesa farmaceutica che possa rendersi necessaria nel caso si manifestino complicanze nella storia clinica del paziente», tiene a precisare il farmacista. Ma cosa hanno apprezzato maggiormente i pazienti dell’intervento del farmacista come case manager della loro patologia? Nemmeno a dirlo la semplicità di accesso al servizio, sia per chi era in età lavorativa perché gli orari della farmacia agevolavano la possibilità di effettuare esami e prenotazioni fuori dall’orario d’ufficio, sia per i pazienti anziani che trovavano nella farmacia sotto casa la comodità di non dover effettuare lunghe attese al telefono o doversi spostare per effettuare gli esami diagnostici di routine. «Molti pazienti prima di entrare nello studio erano totalmente scompensati. Una signora, appena uscita da un infarto, aveva un valore di emoglobina glicata di 19,9 e rifiutava l’insulina perché aveva letto su un rotocalco rosa che questo farmaco provocava l’Alzheimer. È stato fatto un lavoro di team tra noi farmacisti, il Mmg e lo specialista, fino a che siamo riusciti a compensare la paziente. Questa è stata la soddisfazione più grande», chiosa La Regina.

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