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COVID-19: l’approccio “test per tutti” può funzionare?

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COVID-19: l’approccio “test per tutti” può funzionare?

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I risultati di uno studio islandese pubblicato sul New England Journal of Medicine (NEJM) suggeriscono il ruolo degli screening di massa per contenere il contagio; il 43% dei casi risultati positivi era asintomatico; lo Studio ha individuato le origini dei differenti ceppi virali, tracciato i contatti dei contagiati e identificato oltre 400 mutazioni del virus.

15 aprile 2020

di Redazione

Quante persone, pur non avendo sintomi evidenti, sono positive al SARS-Cov-2? Come si diffonde il virus una volta entrato in un Paese e quanto velocemente è capace di mutare?

Il 43% dei casi positivi identificati in uno Studio islandese, pubblicato oggi sul New England Journal of Medicine, non aveva alcun sintomo al momento del test; questo risultato conferma il timore che gli infettati asintomatici possano diffondere il contagio. Lo Studio relativo alla diffusione precoce in Islanda del virus SARS-Cov-2, è stato realizzato da un team composto da ricercatori di deCODE Genetics, società controllata da Amgen, Operatori del Ministero della Salute islandese e dell’Ospedale Universitario Nazionale (NUHI). Lo screening effettuato da deCODE avrà benefici immediati e pratici per la salute pubblica, e i risultati potrebbero essere particolarmente importanti in un momento in cui anche in Italia ci prepariamo alla Fase 2.

Ai fini della ricerca scientifica è importante notare che in Islanda sono stati identificati almeno due sottotipi virali, il sottotipo A2, originario da Austria e Italia e il sottotipo A1, prevalente in Paesi come il Regno Unito. E, inoltre, nei campioni di virus testati, sono state scoperte 409 mutazioni, tra cui 291 nuove mutazioni che non sono state identificate altrove. L’obiettivo dello Studio è stato quello di indagare in modo dettagliato, effettuando test con un unico approccio molecolare, come il virus si diffonde in una popolazione ben definita, nel caso specifico quella islandese di poco più di 360.000 abitanti, e identificare quali siano le misure di tracciamento e isolamento precoci e decise per contenere l’epidemia. Lo Studio si basa su approcci di screening genetico mirato e specifico e sullo screening della popolazione mediante oltre 60.000 test/milione al 4 aprile scorso, data di conclusione della raccolta dei dati presentati in questo studio. Da quel momento altri 4.000 test/milione di abitanti sono stati poi eseguiti ogni giorno in Islanda.

“Con la mappatura scrupolosa dell’epidemiologia molecolare di COVID-19 in Islanda, ci auguriamo di offrire al mondo intero dati da utilizzare nelle politiche globali per frenare la diffusione dell’epidemia, ha dichiarato Kari Stefansson, Amministratore delegato di deCODE Genetics e responsabile dello studio.

“Per rallentare, il più rapidamente possibile, la curva di propagazione di questa pandemia abbiamo necessità di informazioni scientificamente precise su come il virus si diffonda nelle comunità”, ha affermato Robert A. Bradway, Presidente e Amministratore Delegato di Amgen. “Credo che la rapida risposta di deCODE a questa emergenza e le intuizioni che hanno generato daranno al resto del mondo una base scientifica più solida per assumere provvedimenti in materia di salute pubblica“.

Per comprendere realmente quanto sia letale il virus e quante delle persone contagiate possano diventare pazienti gravi, è importante stimare la reale prevalenza dell’infezione sulla popolazione generale.

L’attività di screening svolta dai ricercatori

I risultati dello studio NEJM mostrano che fino al 4 aprile, il 13.3% dei 9.199 soggetti ad alto rischio esaminati dall’Università islandese NUHI sono risultati positivi al virus. Tutti i casi confermati sono stati messi in isolamento e le persone che hanno avuto contatti con loro sono state rintracciate e messe in quarantena domiciliare per 14 giorni. Per integrare questi dati e avere una visione della diffusione del virus nella popolazione generale, dal 13 marzo al 1° aprile, deCODE ha dato vita ad uno screening di massa su base volontaria, dal quale è emerso che su 10.797 soggetti, 87 sono risultati positivi (0,8%).

Dal 1° al 4 aprile, poi, altri 2.283 soggetti, selezionati con modalità random, hanno effettuato il test, e di questi, 13 sono risultati positivi (0,6%). Complessivamente, i 43 casi dei 100 risultati positivi erano individui che non avevano riportato alcun sintomo al momento del test, e i rimanenti casi positivi avevano sintomi lievi, come tosse o raffreddore. Le donne risultano un po’ meno suscettibili all’infezione rispetto agli uomini adulti (11% VS 16.7%), così come i bambini al di sotto dei 10 anni (6.7%).

Ciò suggerisce che, mentre fino ad oggi gli sforzi del sistema sanitario pubblico sono stati efficaci nel rallentare la diffusione dell’epidemia, ulteriori azioni, compreso lo screening di massa della popolazione, saranno fondamentali per sostenere un ulteriore impegno a contenere la diffusione del virus nel lungo periodo in Islanda e nel mondo. Lo Studio offre anche informazioni relative alla mappatura genetica del virus e ha consentito di disegnare un albero genealogico dei diversi aplotipi trovati (stringhe di sequenze geniche varianti). Infatti le Autorità sanitarie islandesi hanno iniziato a testare all’inizio di febbraio coloro che rientravano da zone ad alto rischio (principalmente stazioni sciistiche alpine), con probabili sintomi della malattia, sostanzialmente un mese prima dell’identificazione della prima infezione da SARS-Cov2, manifestatasi il 28 febbraio. deCODE ha, poi, sequenziato i campioni virali prelevati da 643 persone, per individuare i diversi ceppi del virus, per scoprire come è arrivato in Islanda, come si è diffuso, e come ha mutato caratteristiche dopo il suo arrivo.

L’analisi delle sequenze dimostra che i ceppi del virus rilevati nei primi test appartenevano quasi interamente al sottotipo virale A2 originario dell’Austria e dell’Italia, arrivato in Islanda attraverso persone che rientravano da vacanze sciistiche. I casi identificati nei test eseguiti più recentemente da deCODE mostrano, invece, che sono diventati comuni vari ceppi del sottotipo virale A1, prevalenti in Paesi come il Regno Unito. Questo significa che il virus è entrato in Islanda da Paesi diversi, compresi quelli che inizialmente erano considerati a basso rischio, come questi ultimi. L’Azienda ha, poi, anche identificato 409 mutazioni nei campioni di virus testati, tra cui 291 nuove mutazioni che non sono state identificate altrove. Le Autorità sanitarie islandesi e deCODE stanno continuando i rispettivi programmi di test per individui ad alto rischio e popolazione generale, con nuovi dati pubblicati quotidianamente su https://www.covid.is/data.

I risultati di questo Studio daranno al resto del mondo una base scientifica più solida per assumere provvedimenti in materia di salute pubblica.

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