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E-commerce: una leva per ripartire

L'ATTUALITÀ

E-commerce: una leva per ripartire

Trainato dall’impennata dei prodotti che nel 2020 registrano +31 per cento, il commercio on line soffre per la crisi dei servizi (-47 per cento) penalizzata dal tracollo del settore turistico. Valorizzazione dell'omnicanalità e vision strategica lo possono rendere volano per la ripresa

15 ottobre 2020

di Carlo Buonamico

Se l’e-commerce di prodotto dall’inizio del lockdown subisce una forte accelerazione, diversa è la dinamica registrata nei servizi. La chiusura delle frontiere e la limitazione alla mobilità hanno influenzato soprattutto il comparto del turismo e trasporti, che subisce una forte decrescita anche on line. Si tratta di fenomeni ravvisabili a livello globale, all’interno dei quali si possono identificare tre principali trend. Nel retail tradizionale è sempre più diffusa la consapevolezza dell’opportunità di perseguire un progetto e-commerce; emerge la necessità di trasformare la catena del valore; si registra una prima crisi di alcuni top retailer internazionali, mentre le grandi imprese “dot com” confermano la loro leadership.
A delineare questo quadro è la XXI edizione dell’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano intitolato “eCommerce B2c: la chiave per ripartire”, a voler sottolineare come sia ormai tracciato un percorso, quello degli acquisti on line, lungo il quale è ormai chiaro che non si potrà più tornare indietro.

L’Osservatorio pone la sua lente d’ingrandimento anche sull’Italia e scopre fenomeni interessanti.
In primis che nel Belpaese gli acquisti on line valgono 30,6 miliardi di euro, in calo del 3 per cento rispetto allo scorso anno (foto principale dell’articolo). «Un dato che di per sé non è significativo», dice la direttrice dell’Osservatorio Valentina Pontiggia, «perché è frutto di nuove dinamiche e nuovi equilibri instabili della società e del consumatore legati al momento contingente e auspicabilmente destinati a non perdurare nel tempo». Sta di fatto che come nel resto del mondo anche nel nostro Paese la vendita di prodotti on line cresce significativamente, facendo registrare l’incremento annuo più alto di sempre (+31 per cento rispetto al 2019) per un valore di 23,4 miliardi di euro. Buone le performance di tutti i segmenti di prodotto maturi – informatica, abbigliamento, editoria – e in particolare di quelli emergenti come il food&grocery e l’arredamento. I servizi, invece, calano di 47 punti dovuti alla crisi del comparto turistico, particolarmente penalizzato in Italia.

Che dire dei web shopper? Nel 2020 si registrano 26,9 milioni di utenti medi mensili, in crescita di 13 punti rispetto al 2019. «Si tratta di un riflesso del lockdown, che ha contribuito a stimolare il processo di digitalizzazione dei consumatori che hanno fatto le prime esperienze di acquisto on line», spiega Pontiggia. Soprattutto attraverso lo smartphone, attraverso cui transita la maggior parte (51 per cento a valore) delle transazioni on line che ammontano a 15,7 miliardi di euro.
E se l’e-commerce ha trovato nell’epidemia una felice sponda per la sua diffusione democratica tra tutte le fasce demografiche e sociali della popolazione, divenendo anche in Italia un reale fenomeno di massa, pare che il suo valore potrà esprimersi in modo anche più strategico. Potrà cioè rappresentare una vera risorsa per la ripartenza? Risposta affermativa secondo gli esperti dell’ateneo milanese. Anche per i player italiani pare giunto il momento di credere e investire in questa dinamica forma di commercio. A patto che essi riescano a potenziare l’offerta on line per garantire la massima copertura territoriale (specialmente nel settore food&grocery), che si riesca a semplificare la customer experience on line dei web shopper più navigati così come dei neofiti e che si guardi ai mercati più evoluti interazionali declinando queste esperienze sulla realtà locale del nostro Paese.
Conditio sine qua non per questa ripartenza a base di commercio on line «Da un lato la comprensione da parte delle imprese dell’importanza strategica dell’omnicanalità e dall’altro la messa in atto di azioni che rendano possibile l’attuazione di questo cambiamento, attraverso investimenti in tecnologia e competenze», afferma Roberto Liscia, presidente di Netcomm.
Ma non crediamo che tutti i player saranno in grado di affrontare con successo questa sfida. Rimarremmo delusi. «Ci sarà una selezione darwiniana nel tempo. Questa trasformazione epocale non è per tutti. Richiede risorse, lungimiranza, capacità di visione, che non tutti posseggono. Specie gli operatori più piccoli», chiosa il presidente dell’Osservatorio, Umberto Bertelè.

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