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Bpco: le emozioni durante la pandemia

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Bpco: le emozioni durante la pandemia

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Il sito Medicina narrativa ha raccolto brevi diari dei pazienti con broncopneumopatia cronico ostruttiva, dei loro familiari, di medici e professionisti per comprendere l’impatto del Covid-19 sul loro vissuto e sull’organizzazione del percorso di cura

6 maggio 2021

di Claudio Buono

«Un mostro insidioso che mangia i polmoni»: così i pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) – una malattia polmonare che rende difficile la respirazione, di cui soffrono tre milioni di italiani e che si colloca come terza causa di morte al mondo – hanno descritto il Covid-19 e la situazione di pericolo vissuta in questi mesi, legata al timore di contrarre un virus che ha come bersaglio proprio i polmoni. A rivelarlo è il progetto “Narrarsi ai tempi del Covid-19”, realizzato da Fondazione Istud tramite il sito Medicina narrativa, in collaborazione con Chiesi Italia, per comprendere i vissuti dei pazienti, dei familiari e dei professionisti sanitari (pneumologi e medici di medicina generale) in tempi di pandemia, e approfondire l’impatto del Covid-19 sulla quotidianità e sull’organizzazione del percorso di cura.

La ricerca ha visto la partecipazione di professionisti afferenti alle società scientifiche impegnate nel campo della pneumologia (Aipo, Sip) e della medicina generale (Simg, Fimmg), ed è stata sostenuta dalle associazioni di persone con malattie respiratorie croniche (Associazione italiana pazienti Bpco Onlus, FederAsma e Allergie Onlus).

Che cosa ha insegnato la ricerca

Dalle 146 narrazioni raccolte tra luglio e dicembre 2020 attraverso un questionario on line semistrutturato, è affiorata per il 60 per cento dei pazienti e la totalità dei caregiver la paura per le possibili ripercussioni del Covid-19 sulla capacità respiratoria, già provata dalla malattia cronica di base. Terrore e apprensione sono state le emozioni più frequenti anche per il 45 per cento dei professionisti sanitari durante il primo lockdown, soprattutto per il timore di contagiare i propri cari.
Dai risultati – presentati di recente in occasione di una web conference – emerge la necessità di una presa in carico globale, che favorisca non solo la cura fisica ma anche il benessere psicologico, attivando le risorse interiori per far fronte a un evento inaspettato come la pandemia da Coronavirus. Il modello di assistenza migliorativo è quello delle cure continue, senza separazione tra ospedale e territorio, che può essere gestito anche attraverso una sanità digitale efficace, efficiente e umanizzata. La presa in carico dovrà essere multiprofessionale e multidisciplinare e dovrà gestire non solo i pazienti con Bpco, ma anche i loro familiari, salvaguardando le risorse psicofisiche dei professionisti sanitari, mai messe così duramente alla prova e così a lungo.

Il parere degli esperti

Per Stefano Centanni, professore ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio e direttore del dipartimento di Scienza della salute, Università di Milano, «la prevalenza del Covid-19 nelle persone con broncopneumopatia cronica ostruttiva è stata inferiore a quanto ci si potesse aspettare. Tuttavia, per i già sofferenti di Bpco grave colpiti da Covid-19, l’infezione ha rappresentato un fattore prognostico sfavorevole».
Sul fronte della presa in carico dei pazienti con malattie respiratorie croniche, la pandemia ne ha accentuato alcune criticità e ha acceso i riflettori sull’importanza delle cure primarie per semplificare il percorso di cura. «La medicina territoriale necessita di essere potenziata per facilitare l’accesso alle terapie e promuovere un maggior utilizzo delle tecnologie digitali, anche per l’assistenza dei pazienti fragili a domicilio», ha dichiarato Salvatore D’Antonio, presidente Associazione italiana pazienti Bpco Onlus.
Il tema della solitudine dei sofferenti di Bpco durante la pandemia, fonte di un malessere psicologico generale, è stato trattato da Sandra Frateiacci, delegata ai rapporti istituzionali FederAsma e Allergie Onlus, che ha sottolineato come «accoglienza, rassicurazione e corretta informazione possano dare un supporto concreto per migliorare la vita di questi pazienti».
«Per uscire dall’isolamento e aprirsi a una nuova progettualità, confrontandosi con le proprie emozioni, si è rivelata importante l’esperienza di scrittura condivisa», ha spiegato Maria Giulia Marini, direttore dell’Innovazione Area Sanità e Salute Istud, per la quale «la medicina narrativa può aiutare a costruire una memoria collettiva da cui ripartire, per non vanificare gli sforzi messi in atto da tutti gli attori in oltre un anno di pandemia».
Da parte sua, Laura Franzini, direttore medico di Chiesi Italia, ha evidenziato come il progetto si inserisca in un filone di medicina narrativa che Chiesi Italia ha sposato da anni «per comprendere più a fondo i vissuti dei pazienti con Bpco, le paure e le limitazioni che la malattia impone sulla vita delle persone e dei loro familiari, senza dubbio amplificate dal particolare momento storico che stiamo vivendo».

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