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Automedicazione: 2018 con segno più, ma i consumi sono stagnanti

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Automedicazione: 2018 con segno più, ma i consumi sono stagnanti

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Mentre il fatturato in crescita del 2,7%, i consumi sono pressoché stabili (-0,4%). Assosalute: un mercato ancora molto legato alla stagionalità che presenta a due velocità tra Nord e Sud

29 gennaio 2019

di Carlo Buonamico

Un sorriso, appena accennato, quello che contraddistingue il 2018 dell’automedicazione italiana. I fatturati tornano a un segno positivo, ma la debolezza della ripresa è segnata da un legame molto stretto delle vendite alla stagionalità e alle caratteristiche specifiche di singoli eventi sanitari.

I dati diffusi da Assosalute parlano chiaro: il 2,7 per cento di crescita dei fatturati registrato dal comparto dei farmaci da automedicazione è una nota positiva, ma non così tanto se si relaziona ai consumi. Che restano praticamente invariati; anzi calano di un leggero 0,4 per cento rispetto all’anno precedente.

Come leggere allora questa ripresa delle vendite che, si legge in una nota stampa, è la “miglior performance dal 2015”? Si tratta, e qui sta il punto dolente, di una crescita di fatturato dovuta quasi esclusivamente a fattori contingenti, in primis l’elevata diffusione di influenza e raffreddore nell’autunno-inverno dello scorso anno. Che ha portato i pazienti ad acquistare prodotti dai automedicazione per trattare i sintomi di queste sindromi, rivolgendosi primariamente alla farmacia. Che detiene il 91,0% a volumi e al 92,4% a valori delle quote del mercato di riferimento.

Un comparto, quindi, che è ancora molto legato alle dinamiche imponderabili del presente e che risente della “mancanza dell’allargamento dell’offerta a nuove aree terapeutiche e a principi attivi non ancora disponibili come farmaci Otc (over the counterin Italia, a differenza di quanto avviene in molti altri Paesi europei”.

Del resto, commenta il presidente di Assosalute Maurizio Chirieleison, <<I medicinali da banco sostengono la salute dei singoli e possono dare un contributo importante anche alla ridefinizione della governance farmaceutica e alla sostenibilità del Ssn. Per questo resta fondamentale un allineamento del mercato dell’automedicazione italiano a quello europeo, che permetterebbe, insieme ad azioni condivise di informazione ed educazione, una corretta gestione della crescente autonomia in tema di salute e benessere di liberare risorse pubbliche. Ciò implica la valorizzazione economica, sociale e industriale del settore e delle caratteristiche distintive dei farmaci Otc  rispetto agli altri prodotti per la salute presenti sul banco del farmacista, ma che farmaci non sono>>.

A completare la fotografia scattata per il 2018, vi è la disomogeneità dei consumi a livello territoriale, che vede il Nord – più ricco e propenso alla spesa out-of-pocket per la salute – incidere di più sulle vendite di Otc (+3,3% di fatturato) e Sop (+1%) rispetto al Sud.

Dati che confermano quando noto da tempo e recentemente indicato dal rapporto Crea Sanità: il 17,6 per cento delle famiglie italiane tende a stare sempre più attente anche alle spese per la salute, e circa il 5,5 per cento di esse sceglie, suo malgrado, di dire no alle cure sanitarie per ragioni economiche. Cifra che sale all’8 per cento nel Meridione.

A ciò si aggiunge la costante erosione di quote del mercato Sop da parte di integratori, prodotti erboristici e omeopatici, spesso confusi dal paziente con i farmaci da banco. Nel caso degli integratori, forse anche per alcune pratiche commerciali – peraltro lecite – che rischiano di disorientare, come denunciato dall’Associazione scientifica farmacisti italiani (vedi articolo pag. 38 iFarma dicembre 2018-gennaio 2019 – archivio PDF).

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