Tempo di cambiamento
RETAIL
Tempo di cambiamento
Le nuove pressioni competitive a livello di retail farmaceutico: quali le trasformazioni in atto e le opportunità di collaborazione a livello di canale.
17 giugno 2019
di Laura Iacovone, Dipartimento di Economia, management e metodi quantitativi dell’Università degli Studi di Milano e Università Luigi Bocconi di Milano
Poche volte in passato così tante pressioni competitive – di natura e portata diversa – hanno interessato contemporaneamente il canale farmacia. La loro rilevanza è tale che si sta rapidamente diffondendo una crescente consapevolezza di come si stia per affrontare un momento di profonda discontinuità rispetto al passato recente. La discontinuità è data da una serie di fattori e di fenomeni interconnessi tra loro, a più livelli. Tra questi ricordiamo solo i principali:
- il mutato paradigma tecnologico;
- il valore del possesso dei dati e delle relative informazioni lungo la filiera;
- la rapida evoluzione delle esigenze della domanda in termini di benessere, salute e accessibilità dell’offerta;
- gli effetti sull’autonomia imprenditoriale e sulle condizioni di economicità d’impresa delle farmacie dovuti al ddl Concorrenza e all’estrema varietà della regolamentazione regionale in materia di sanità (es. Dd vs Dpc e servizi sanitari in farmacia o presso Mmg).
Ognuno di questi fenomeni comporta problematiche specifiche e, al contempo, influenza tutti gli altri.
RIVOLUZIONE TECNOLOGICA SENZA METODO
Per quanto concerne il primo punto, infatti, è indubbio come la digitalizzazione abbia determinato un salto quantico a livello di device e di processi, sul piano della trasmissione dell’informazione di ogni ordine e grado, nel tempo e nello spazio, tanto da essere considerata una nuova rivoluzione industriale. L’impatto di tali tecnologie a livello di back e front end della farmacia è ancora contenuto e per lo più rincorso e subìto, più che realmente presidiato, salvo casi virtuosi che dovrebbero diventare un benchmark per l’intera categoria. La digitalizzazione, infatti, si traduce poco frequentemente nell’informatizzazione dei processi interni (se non quando presenti servizi di telemedicina) e tende più a interessare gli strumenti di comunicazione (social network in primis) o l’attivazione di un e-commerce, spesso in entrambi i casi sottovalutando le implicazioni sul piano economico, organizzativo e giuridico. In questo senso, si riscontra il pericolo di una potenziale banalizzazione del ricorso ai nuovi media e una certa confusione in merito alle differenze tra le diverse tipologie di e-commerce esistenti (pick&pay, pay&collect, sito e-commerce con nome proprio della farmacia o meno, account Amazon ed Ebay). A questi strumenti si aggiungono le app (piattaforme aperte centrate su modelli di business volti a costruire direttamente o indirettamente data base dei comportamenti dei clienti finali), da considerare con grande attenzione, soprattutto se gestite da terzi e non facenti parte dello stesso ecosistema informativo della farmacia, della rete o della stessa catena di appartenenza (piattaforme privacy by design “chiuse”).
Non è tanto strategicamente rilevante il possesso dei dati, quanto la loro fruibilità ai fini della loro elaborazione
I DATI: UNA CONFUSA RICCHEZZA
Si intuisce pertanto come il secondo punto, relativo alla raccolta, trattamento ed elaborazione dei dati, sia cruciale. L’esperienza e i recenti scandali hanno insegnato anche ai più distratti quanto non sia sufficiente anche la più rigida normativa sulla privacy, se non cresce la consapevolezza degli utenti. Big data e AI, nonché i relativi algoritmi, si sono potuti sviluppare anche grazie all’enorme quantità di dati gratuiti messi a disposizione più o meno inconsapevolmente da milioni di individui. Non si tratta solo di disporre di altrettanti profili comportamentali, ma anche della possibilità di analisi predittive, al servizio delle strategie di marketing delle imprese. Ne deriva che non è tanto strategicamente rilevante il possesso dei dati in quanto tale (spesso certificato da articoli e commi dei contratti) quanto la fruibilità effettiva degli stessi ai fini della loro elaborazione, così come accade nella realtà quotidiana in merito agli output dei gestionali in farmacia. Considerando infatti quante start-up nascono e si stanno sviluppando nel settore pharma&health (dalle app ai wearable collegati), è noto quanto il loro valore non sia legato al fatturato in sé, ma a quello dei data base sugli utenti finali – pazienti e clienti – generati a seguito dell’uso ripetuto delle applicazioni. Sempre più spesso si evidenzia quindi un duplice obiettivo delle app: uno palese in grado di attirare l’utenza finale sulla base di una certa utilità (es. monitoraggio battito cardiaco), l’altro connesso all’utilizzo secondario degli output derivanti dal monitoraggio continuativo. Tanto maggiore è il numero delle rilevazioni, tanto più è possibile applicare logiche di machine learning e avere informazioni predittive più affidabili e, quindi di maggior valore. Dall’altro lato, gli utenti finali sono sempre più consapevoli del proprio potere di acquisto, del livello e della quantità di informazioni alle quali si può accedere (talmente elevato da ricorrere a motori di ricerca e mediatori informativi) e allo stesso tempo sempre più esposti a strategie che inducono le persone ad automatismi decisionali, soprattutto on line e all’interno dei social media.
I clienti-pazienti sono sempre più omnichannel, che non vuol dire che pretendono di usare e di comunicare solo attraverso i social, ma che usano i diversi canali possibili a seconda delle loro necessità
DOMANDA E OFFERTA IN MUTAZIONE
Emerge inoltre un reale problema di aspettativa in termini di accessibilità dell’offerta salute, al quale è tuttavia possibile dare una risposta. I ritmi e il contesto che caratterizzano la vita della maggior parte delle persone sono infatti tali da indurre in prima battuta a consultare più Google che il proprio medico, sebbene le risposte non siano sempre soddisfacenti. Si tratta di clienti-pazienti sempre più omnichannel, che non vuol dire che pretendono di usare e di comunicare solo attraverso i social, ma che usano i diversi canali possibili a seconda delle loro necessità, apprezzando e premiando in termini di fidelizzazione quelle strutture, quella classe medica e quelle farmacie che perseguono la piena integrazione tra la dimensione fisica (off line) e l’on line, se questa massimizza il livello di qualità di servizio professionale e al contempo di accessibilità. È infatti il livello di professionalità che continua a fare la differenza, rispetto a qualsiasi Amazon: nell’attività di consiglio al paziente nel punto vendita, nell’erogazione di un servizio sanitario ricorrendo agli strumenti più avanzati disponibili sul mercato, nell’approntare un servizio di consegna a domicilio per clienti con problemi di mobilità, così come nella produzione di contenuti per social network palesando le competenze del personale di una farmacia.
La competizione tra catene e reti avverrà sulla base delle preferenze del mercato finale e, quindi, sulla capacità di differenziare il servizio, fidelizzando la clientela
LA FILIERA RESPONSABILE
Un ultimo fattore riguarda gli effetti del ddl Concorrenza e della varietà della regolamentazione regionale in materia di Sanità. Non è questa la sede per entrare nel merito della Legge e degli effetti sull’equilibrio competitivo a livello di sistema, ma è evidente che una potenziale concentrazione del potere di mercato in capo a un minor numero di attori non potrà non avere riflessi sulle dinamiche competitive a livello verticale (tra catene e aziende/distributori intermedi) oltre che orizzontale (tra farmacie in catena e non), salvo ricercare forme diverse di integrazione a monte e a valle. Il pericolo a breve è che non tutte le catene potrebbero mantenere il focus sulla qualità del servizio erogato al paziente finale e tendere a privilegiare logiche speculative, puramente imprenditoriali. Con riferimento al secondo aspetto, la diversità di politiche sanitarie a livello territoriale – soprattutto per quanto concerne l’erogazione di servizi oltre che di dispensazione dei prodotti in Dpc – discrimina di fatto farmacie ugualmente predisposte al servizio, simili per dimensione e fatturato, ma collocate in realtà geografiche diverse. Gli effetti sull’utenza finale, da un lato, e sulla distribuzione efficiente di risorse pubbliche, dall’altro, dovrebbero pertanto essere approfonditi. La qualità dei servizi in farmacia, infatti, deve poter essere la medesima in tutto il Paese e disciplinata in modo da privilegiare il rispetto di standard di qualità funzionali a garantire la sinergia tra gli attori chiamati a presidiare la salute del cittadino sul territorio: Mmg, farmacie e strutture ospedaliere. In un tale contesto – con il maggior potenziale di sviluppo dell’intera economia e così interessante per molti soggetti economici di diversa natura e provenienza settoriale – ogni attore della filiera è chiamato alle proprie responsabilità a tutela dell’efficacia e dell’efficienza del sistema, per evitare l’insorgere di squilibri sul piano del potere di mercato e senza mai dimenticare che il faro può essere rappresentato solo dalla garanzia di qualità e professionalità del servizio della farmacia nei confronti degli utenti finali. A differenza di quanto credono ancora in molti, infatti, la farmacia non vende prodotti (farmaci o altro), ma un servizio di disponibilità degli stessi a fronte di una problematica specifica, che per definizione può presentare esigenze di trattamento diverse in ogni paziente o cliente. Solo mantenendo il focus sul reale motivo dell’esistenza di tale canale sul mercato si potrà evitare per catene, reti e farmacie indipendenti – private, comunali e rurali – che i clienti finali comincino, come è accaduto in altri settori, a prendere in considerazione un semplice e-commerce, sicuramente più accessibile e conveniente rispetto alle alternative esistenti. Più in dettaglio, lo sviluppo del modello migliore di farmacia, quale presidio sanitario specializzato, dove la competenza professionale del personale è la prima fonte di vantaggio competitivo e la superficie espositiva, così come la digitalizzazione, rappresentano leve al servizio dell’attività di consulenza; è ciò che può garantire lo sviluppo della stessa distribuzione intermedia, che sia integrata a valle o meno. È infatti indubbio che tanto più le reti e le catene troveranno l’assetto organizzativo più opportuno, tanto più avverrà una razionalizzazione a livello distributivo, favorendo un contatto sempre più diretto con l’industria. Allo stesso tempo, tuttavia, la competizione tra catene e reti avverrà sulla base delle preferenze del mercato finale e, quindi, sulla capacità di differenziare il servizio, fidelizzando la clientela.
IN CONCLUSIONE
In concreto, per mantenere il ruolo della farmacia quale presidio sanitario e aumentare le opportunità di collaborazione a livello di canale da parte dei distributori, il principio generale è chiedersi innanzitutto come sia possibile aumentare il livello di fiducia nella relazione, supportando i propri clienti nell’ambito della loro attività e a favore realmente di chi. In primo luogo è infatti necessario che le aziende-farmacia possano ampliare il proprio portfolio competenze, sul piano non solo professionale, ma anche gestionale, digitale, economico-giuridico e organizzativo. Non si tratta tuttavia di costringere i titolari ad aumentare le proprie competenze personali, ma di supportarli nell’acquisizione delle conoscenze indispensabili per poter selezionare al meglio eventuali partner (anche sul piano contrattuale) o risorse umane (anche non farmacisti) da inserire nella propria organizzazione. Essendo infatti molti gli attori extra settore desiderosi di entrare nel comparto, la selezione per esempio di consulenti in ambito digital dovrebbe essere condotta non tanto sulle tecnologie presidiate (ormai commodity) quanto su quelle settoriali, o meglio sulla capacità di integrare efficacemente i due aspetti in soluzioni efficaci. La seconda opportunità è quella di configurarsi in modo costante quale reale competence provider su aspetti di frontiera oltre che quale distributore di prodotti e di servizi base, anche contribuendo a definire un mercato preselezionato di fornitori terzi, rispetto ai quali lasciare le farmacie libere di scegliere. Un’ulteriore opportunità per i distributori riguarda la possibilità di contribuire ad alimentare una reale cultura della cura del “portfolio clienti dei propri clienti”, quale modello gestionale di valutazione della farmacia e delle sue potenzialità, avendo riguardo di rispettare la proprietà dei data base e delle relative informazioni, evitando gli errori compiuti in passato, in merito allo sviluppo delle carte fedeltà che hanno a loro volta alimentato il ricorso alla scontistica fine a se stessa e svilito l’immagine di molte farmacie, senza alcun vantaggio dal punto di vista conoscitivo.
Pubblicato su iFarma – Giugno 2019