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Farmacia, servizio pubblico e impresa

COPERTINA

Farmacia, servizio pubblico e impresa

di Laura Benfenati

Pianificazione territoriale, incompatibilità, uscita della fascia C, norme deontologiche: a colloquio con l’avvocato Quintino Lombardo

Con Quintino Lombardo, avvocato dello Studio Cavallaro, Duchi, Lombardo e Cosmo, siamo amici da più di vent’anni, abbiamo collaborato a lungo su altre testate e scrive su iFarma dal primo numero. Oltre a un’indubbia competenza, ha una grandissima passione per il suo lavoro e capita spesso di confrontarci sulle tante questioni inerenti il servizio farmaceutico e le sue continue trasformazioni. Qualche anno fa abbiamo avuto l’idea di allegare alla testata che allora dirigevo un libro sul passaggio generazionale della farmacia ed è stato un grande successo. Lo incontriamo a Milano per chiacchierare di quell’argomento ancora attuale e di molto altro, in questo momento così delicato per le farmacie italiane.

Su quali questioni i farmacisti interpellano più frequentemente l’avvocato?

Sono tante e varie, perché anche quello delle farmacie è un mondo completamente cambiato da quando ci siamo conosciuti. A voler indicare tre temi tra i tanti, direi che oggi i farmacisti si rivolgono al legale soprattutto per le nuove questioni di pianificazione territoriale, per progetti di organizzazione della farmacia con costituzioni di società e superamento della titolarità individuale e per il sempre attuale passaggio generazionale.
Le questioni riguardanti la pianta organica, l’istituzione di nuove farmacie, la modifica dei confini delle sedi, i decentramenti, l’istituzione e l’assegnazione di dispensari e farmacie succursali sono tutte disciplinate da norme statali e regionali che devono essere applicate al caso concreto, Comune per Comune e situazione per situazione. Per questo motivo, qualche volta i problemi si risolvono in via extragiudiziale, altre volte ci si trova nel contenzioso.

Ci sono ancora squilibri nella gestione delle piante organiche?

È a mio avviso tutto piuttosto complicato, qualche volta anche quando non dovrebbe: fare i decentramenti, per esempio, resta molto difficile, possono volerci anche anni. La pianta organica è un istituto fondamentale e importante prima per i cittadini che per i farmacisti. La pianificazione è una responsabilità, andrebbe fatta puntualmente ogni due anni, anche con la soppressione delle soprannumerarie vacanti, ma non sempre ciò accade. Dove non si provvede, rimangono sedi farmaceutiche con bacini d’utenza molto squilibrati e capita ancora di incontrare situazioni patologiche, che nei fatti diventano un potente argomento a favore delle liberalizzazioni. Inoltre il passaggio della competenza della pianificazione territoriale in capo ai Comuni, quando siano essi stessi titolari di farmacie, può essere un’ulteriore complicazione. 

In una logica di servizio pubblico, la pianta organica e il monopolio alle farmacie dei medicinali etici sono indispensabili

Si temono ennesimi tentativi di liberalizzazione, in questo momento, con al Governo i Pentastellati. 

Non avrebbero alcun senso. C’è un Servizio sanitario nazionale di natura universalistica che vuole garantire l’accesso a tutti al farmaco grazie alla capillarità delle farmacie sul territorio. Anche la maggior liberalizzazione realizzata finora, quella del cosiddetto “Cresci Italia” di Monti, non è stata fatta abolendo la pianta organica ma abbassando il quorum, e portando il parametro farmacie/abitanti a essere tra i più bassi d’Europa. E già era stata liberalizzata la vendita di Otc e Sop. Se si vuole dispensare il farmaco sul territorio in base a un principio di uguaglianza e di efficienza del servizio, non ci si può privare del potere di distribuire le farmacie in modo equilibrato e capillare. 

Anche la giurisprudenza europea e la Corte costituzionale sostengono l’importanza della pianta organica.

Quando la questione è stata sottoposta al vaglio dei giudici della Corte di Giustizia e della Corte costituzionale, perché le norme restrittive limitavano la concorrenza, i giudici hanno sempre giustificato e sostenuto la pianta organica, ribadendo il superiore principio di tutela della salute pubblica. L’obiettivo di garantire una rete capillare sul territorio vicina ai cittadini giustifica limitazioni della libertà economica.
E la dispensazione del farmaco etico va lasciata alle farmacie perché il contrario significherebbe una liberalizzazione surrettizia.

L’uscita della fascia C minaccia la pianta organica?

È una scelta politica cruciale: la fascia C deve rimanere in farmacia perché si deve tutelare la vendita di medicinali in una struttura protetta più di un esercizio commerciale. La salute è un diritto del singolo e un interesse della collettività, non si possono vendere i medicinali ovunque, pur con la tutela dei singoli professionisti. Sarebbe una sostanziale liberalizzazione del sistema verso un regime di farmacie non convenzionate. E con una ricetta bianca, si potrebbe forse comprare un farmaco di fascia A anche in parafarmacia. Il discrimine della ricetta ha un suo senso logico, non si tratta di una questione di rimborsabilità. La fascia C fuori della farmacia costituirebbe un’ulteriore radicale liberalizzazione e ci si chiederebbe a quel punto che interesse potrebbe avere un farmacista a tenere aperta una rurale disagiata piuttosto che aprire una farmacia non convenzionata con meno oneri, turni e vincoli. In una logica di  servizio pubblico, la pianta organica e il monopolio alle farmacie dei medicinali etici sono indispensabili.

Sulla titolarità è cambiato tutto con la Legge Concorrenza.

La titolarità individuale è ormai anacronistica perché implica vincoli e pesi che sono meglio ripartiti nelle società. La Legge Concorrenza ha portato tante problematiche, molte non ancora risolte, ma ha dato anche molte chance per risolvere le questioni familiari e per rendere concreti processi di aggregazione. 

C’è la corsa a creare società di capitali?

No, non mi sembra. Se la farmacia è in famiglia, la società di capitali non serve, a meno che non si abbia la necessità di coinvolgere familiari o terzi investitori che non vi lavorano. La srl in questo caso rassicura chi ha investito e non si occupa di gestione, per limitare la sua responsabilità e garantirgli migliore tutela con accordi specifici.

Come abbiamo scritto sullo scorso numero della rivista, non c’è dunque una soluzione valida per tutti.

Dipende da quali sono gli obiettivi: far entrare investitori terzi, comprare altre farmacie, sviluppare e investire, aggregare in attesa che i progetti generali di categoria si concretizzino. Non si deve decidere se fare o no una srl a prescindere ma in un mercato già molto cambiato e destinato a mutare ancora bisogna capire come sarà la propria farmacia fra 3-5-10 anni. Quando si hanno idee chiare, allora ci si interroga su quale sia lo strumento giuridico più adatto a regolare l’organizzazione della farmacia e i rapporti tra le persone. Oggi è davvero urgente rafforzare la tradizionale cultura professionale con una specifica cultura d’impresa per le farmacie e così acquisire competenze di natura organizzativa, gestionale e, perché no, anche giuridica. 

L’ingresso dei capitali sta cambiando il modo di pensare all’interno della categoria.

Le grandi catene lavoreranno con strumenti e in una logica diversa rispetto a un mercato di 18.000 piccole medie imprese familiari, è logico che verrà accentuata molto la componente imprenditoriale, anche se poi, come dimostra l’esperienza straniera, ogni gruppo ha la sua specifica vocazione e il suo posizionamento sul mercato. Con le nuove norme non ci sono più motivi per rinviare decisioni importanti ed è più che mai necessario che i titolari di farmacia imparino a lavorare insieme. Ma purtroppo mi capita ancora di incontrare titolari che faticano a comprendere l’importanza di un tempestivo passaggio generazionale, che va realizzato quando si è ancora in forze, coinvolgendo i figli o magari anche i più meritevoli dei propri collaboratori per rendere l’azienda più efficiente con energie e idee nuove.

Dopo la Legge Concorrenza, le norme sull’incompatibilità colpiscono i farmacisti più di tutti gli altri

Ci sono però incompatibilità assurde previste dalla Legge Concorrenza, che magari penalizzano più i figli farmacisti degli altri.

C’è sempre la necessità di avere chiarezza, il parere del Consiglio di Stato non ha consentito di superare le perplessità obiettivamente scaturenti da una formulazione normativa infelice. Si impedisce a un farmacista lavoratore dipendente di avere una quota di una farmacia ma lo si consente alla società x, partecipata dalla società y, a sua volta partecipata dalla società z, che è controllata da un fondo q. Qual è l’interesse pubblico che si vuole tutelare? Se si svolge attività nella produzione, se si è un medico, è evidente che c’è incompatibilità. Se si fa il dirigente, il giornalista, qual è il problema di fronte all’interesse pubblico prioritario? La prestazione professionale? E allora perché si consente a non farmacisti di comprare quote di società di farmacie?

Qual è il senso del parere del Consiglio di Stato?

Il parere del Consiglio di Stato sembra scaturire dall’idea che al farmacista sia necessariamente richiesta una prestazione professionale all’interno della farmacia e questo però non accade più almeno dal 2006, quando con il decreto Bersani si è consentito ai farmacisti di comprare tutte le quote di farmacie che volevano, abrogando il limite della mono partecipazione. Da allora si possono avere, per esempio, dieci quote di società diverse: se il legislatore dà questa possibilità, non si parla più di soci d’opera ma di investitori. Perché non si può allora avere una quota ed essere dipendente da qualche altra parte? Perché per risolvere questioni familiari devo pretendere che un figlio si licenzi se è dipendente? Qual è l’interesse pubblico, quando si consente a un fondo di investimento di comprare tutte le farmacie che vuole? La norma andrebbe riformulata in modo più coerente, oppure si dovrà trovare un assestamento per via giurisdizionale, ma ci vorrà tempo e nel frattempo si lavora nell’incertezza. 

Incompatibilità a parte, però, la Legge Concorrenza ha alcuni aspetti positivi?

La riforma Monti ha reso più fragile la singola farmacia, frammentando il mercato ed è importante un provvedimento che agevoli l’aggregazione, perché farmacie più grandi, organizzate in rete possono svolgere servizi che la farmacia sola non può fare.
È stato avviato un lavoro importante per far evolvere la farmacia da luogo di dispensazione di farmaci a luogo di erogazione di servizi professionali, questa è senz’altro una delle sfide centrali del prossimo futuro, un futuro peraltro già cominciato. è un peccato però che, come nel 1991, non sia stata creata una disciplina ad hoc. Non eravamo certo contrari alle società di capitali per principio, sono utili per i passaggi familiari, per le aggregazioni dal basso, per imprenditori che vogliono ampliare la loro attività ma si poteva pensare a una partecipazione maggioritaria dei farmacisti oppure a una governance che valorizzasse la partecipazione dei farmacisti. Non è stata però prevista, resta solo il direttore, la cui posizione molto opportunamente
è stata poi regolamentata in modo dettagliato dal nuovo Codice deontologico.

Un’ultima domanda proprio su questo: con i nuovi assetti qual è oggi il valore del Codice deontologico?

È stato fatto un lavoro importantissimo, sono cambiati numerosi articoli, si guarda non più e soltanto ai titolari di farmacia ma anche appunto alla valorizzazione della figura di direttore, che non può e non deve essere il “parafulmine” del proprietario non professionista. A volte si trascura che le norme deontologiche sono norme giuridiche: normalmente più è liberalizzato il mercato, come nei Paesi anglosassoni, più è forte il controllo degli Ordini professionali sull’attività degli iscritti. Il problema è poi verificare che i comportamenti concreti si adeguino alle nuove norme deontologiche, che si controlli, si sanzioni e si rendano pubbliche le sanzioni. Visto che il Codice di deontologia afferma per lo più principi generali, si tratta di applicarli a fattispecie concrete e nel corso del tempo si forma un corpus giurisprudenziale. Insomma, più si apre il mercato, più le regole vanno rispettate.

Pubblicato su iFarma – Luglio 2018

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