L’innovazione sostenibile richiede nuove competenze
LA FORMAZIONE
L’innovazione sostenibile richiede nuove competenze
Si è aperta lunedì la Johnson & Johnson Week, per discutere le prospettive della sanità del futuro. Presentato un interessante studio Altems sulle skills di laureati in ambito sanitario di tre atenei e quelle richieste dalle aziende di servizi assistenziali. I gap più rilevanti si hanno in ambito manageriale e relazionale
11 luglio 2024
di Laura Benfenati
Si è aperta lunedì la Johnson & Johnson Week “Insieme verso la medicina del futuro” una settimana di incontri con clinici, associazioni pazienti, rappresentanti di istituzioni, università e centri di ricerca per contribuire a delineare le linee guida della sanità del futuro. Tecnologie e competenze sono le due parole chiave, perché tanta parte dell’innovazione riguarda la medicina ma servono gli strumenti per governare i cambiamenti tecnologici.
«Siamo un’azienda americana che ha 138 anni e da 50 è presente in Italia», ha esordito Mario Sturion, Managing Director di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia. «Di recente abbiamo intrapreso un grande cambiamento con il rebranding e oggi siamo molto fieri di aprire la nostra casa per presentare un interessante studio sul tema delle competenze, fondamentali per costruire un sistema sanitario più equo, moderno ed efficiente».
La ricerca Altems
Quali sono le competenze acquisite e quali quelle richieste nel futuro? Quanto si sentono equipaggiati i futuri professionisti della sanità, considerando il crescente ruolo dell’innovazione nel campo della salute? Il mismatch formativo dei professionisti della salute è stato l’oggetto dello studio condotto su laureati in materie sanitarie di tre atenei dall’Alta scuola di Economia e management dei Sistemi sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Altems) e promosso da Johnson & Johnson Innovative Medicine. Nel confronto tra le competenze richieste dalle aziende private e pubbliche e quelle rilevate dagli studenti, il disallineamento più grande lo si è trovato in questi ambiti:
- pianificazione aziendale
- organizzazione aziendale
- business planning
- competenze logistico-analitiche.
Le top competenze su cui lavorare nell’ambito delle aziende di servizi assistenziali sono risultate essere:
- teamworking
- apertura al cambiamento
- problem solving
- tecniche relazionali.
«Le aree con i gap più rilevanti sono quelle delle competenze manageriali (pianificazione aziendale, business planning, principi di economia sanitaria) e delle competenze relazionali (presentare in pubblico, leadership, pensiero laterale)», ha spiegato Federica Morandi, direttore dei Programmi accademici e Ricerca di Altems. «In un mondo sempre più connesso, articolato, con pressioni in termini di risorse, sostenibilità, efficienza e innovazioni, le competenze trasversali assumono un ruolo sempre più distintivo: tutti gli operatori sanitari dovranno sviluppare un mindset manageriale, per assicurare la sostenibilità dei sistemi sanitari. E la multidisciplinarietà e la capacità di orientarsi su nuove discipline (tecnologia e AI) è sempre più centrale».
Morandi ha aggiunto che c’è sempre maggiore consapevolezza della necessità di associare alle hard skills, intese come competenze tecniche, le competenze comportamentali ed è necessario un rapido intervento per integrare i corsi di laurea in questo senso: «I rappresentanti del mondo della salute devono lavorare insieme per assicurare maggiore allineamento tra le scelte formative e le esigenze delle aziende e questi processi devono essere messi in atto in fretta, perché i frutti del cambiamento adottato oggi saranno visibili fra 10 anni».
Le professioni del futuro
E le nuove professioni sanitarie del futuro quindi quali saranno? La ricerca ne identifica tre:
- responsabile dell’innovazione: guida e promuove le innovazioni delle organizzazioni sanitarie; sviluppa strategie per adottare nuove tecnologie, processi e modelli;
- direttore sanitario 4.0: sviluppa e implementa strategie per integrare nel settore sanitario tecnologie avanzate come l’AI, l’analisi dei dati e la telemedicina;
- patient journey manager: gestisce il percorso del paziente nelle Case di comunità e con i diversi livelli di assistenza; coordina i team multidisciplinari coinvolti nel trattamento di specifiche patologie croniche e degenerative.
Un cambio di passo
«Il fenomeno del mismatch delle competenze è noto. Misurarlo serve per capire dove agire», ha commentato Americo Cicchetti, direttore generale della Programmazione sanitaria del ministero della Salute. «Lo studio accende i riflettori sull’importanza di dare vita a un cambio di passo nella formazione in ambito sanitario per assicurare che le competenze degli studenti siano le più ampie e variegate possibili, consentendo loro di rispondere concretamente alle esigenze di un sistema sanitario in continua evoluzione. Il Ssn è un ecosistema, abbiamo davanti due sfide, la sostenibilità e le diseguaglianze: è quanto mai opportuno aprire una riflessione, coinvolgendo tutti gli interlocutori del settore della salute e della formazione, con l’obiettivo di individuare le comuni direttrici evolutive dei percorsi di studio in ambito sanitario».
Che le competenze siano destinate a diventare in fretta vecchie, che sia necessaria una formazione continua anche in ambito comunicazione e digitale lo ha sottolineato Graziano Onder, Coordinatore della segreteria tecnico-scientifica della Presidenza dell’Istituto superiore di sanità: «Viviamo un momento di grande evoluzione, in cui la capacità di orientarsi tra discipline diverse rappresenta una realtà quotidiana. La classe medica deve sapere evolvere il proprio ruolo per essere parte attiva di questo cambiamento e il ruolo della formazione è centrale per saper cogliere e vincere la sfida di un sistema della salute più forte e innovativo».
Un’elica a tre pale
L’università ha un ruolo importantissimo in questa necessaria evoluzione formativa dei protagonisti del comparto salute e a livello ministeriale, ha raccontato Francesca Galli, Dirigente Ufficio di Gabinetto, segreteria tecnica del ministro, ministero dell’Università e della Ricerca, sono molte le iniziative intraprese per costruire corsi di laurea sempre più in grado di rispondere alle sfide del futuro: «Il Miur da tempo si sta impegnando concretamente per assicurare che l’offerta formativa a livello universitario sia sempre al passo con le esigenze sia del mondo della Pubblica amministrazione che del settore privato, contribuendo allo sviluppo personale e professionale degli studenti». Galli ha sottolineato l’importanza di poter attrarre professionisti da fuori Paese e da fuori Europa, e quanto sia fondamentale semplificare i rapporti tra università e mondo delle imprese, che andrebbero coinvolte nei piani di studio: è stato siglato di recente un accordo di collaborazione tra ministero e Farmindustria proprio per migliorare le competenze e orientare le università verso percorsi di formazione più innovativi.
Le conclusioni della giornata le ha tratte Giuseppe Pompilio, Head of market access di J&J: «L’obiettivo è arrivare a trovare soluzioni condivise: il sistema sanitario è come un’elica a tre pale e accademia, ministero e impresa devono lavorare insieme sul tema delle competenze del futuro. La nostra azienda vuole oggi raccontarsi in modo diverso: abbiamo un obbligo importante nel rilasciare innovazione tecnologica che però a volte è così disruptive da non essere accolta dal contesto. Lo studio presentato oggi ci fornisce linee guida: non possiamo solo continuare a parlare di costi del Sistema sanitario, abbiamo outcome di cura che non hanno precedenti, sono necessarie competenze più ampie che rendano l’innovazione sostenibile».