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La farmacia nella riforma lombarda

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La farmacia nella riforma lombarda

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Achille Gallina Toschi

Classe 1968, è un bolognese doc, residente nel centro storico e grande tifoso del Bologna calcio. Dal 1996 è titolare, insieme alle sorelle, della storica farmacia di famiglia.
Dallo stesso anno è consigliere di Federfarma Bologna, poi segretario e poi presidente dal 2006 al 2014. Da maggio 2017 è presidente di Federfarma Emilia Romagna e consigliere di Federfarma nazionale. La storia della
farmacia Toschi si intreccia densamente con quella della città fin dal Settecento: oggi la farmacia, vicina a Porta San Felice, offre una gamma completa di servizi e un laboratorio galenico molto attrezzato.

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di Carlo Melato

Se ne parla da anni. Le patologie «che richiedono un trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi», come le chiama l’Organizzazione mondiale della sanità, sono la vera priorità da affrontare. Si tratta delle cosiddette malattie croniche, quelle per cui non c’è speranza di guarigione, ma che si possono gestire minimizzando i sintomi e mantenendo alta il più possibile la qualità di vita. Causano, sempre secondo l’Oms, l’86 per cento dei morti e affrontarle costa tra il 70 e l’80 per cento delle risorse sanitarie a livello mondiale. Se ieri il problema numero uno era rappresentato dalle malattie infettive, oggi al loro posto ci sono il diabete, i tumori, le malattie respiratorie, genetiche o neurologiche, ma anche i difetti della vista o dell’udito. L’oncologia per esempio può essere definita un’area di cronicità inattesa: anni fa la mortalità era altissima, oggi, sempre di più, con il cancro si convive. Se cambiano le sfide, dovrebbero evolvere le risposte. Sì, ma come? L’Italia, secondo alcuni con un certo ritardo, nel settembre del 2016 ha prodotto, con l’approvazione della Conferenza Stato-Regioni, un Piano nazionale della cronicità che punta a una forte integrazione tra l’assistenza primaria, centrata sul medico di medicina generale, e le cure specialistiche. La sua attuazione spetta ora alle Regioni, che si stanno muovendo con sensibilità 

I farmacisti possono essere gestori?

La Lombardia è tra le prime (insieme a Emilia Romagna, Toscana e Liguria) e sembra avere le idee piuttosto chiare: innanzitutto serve una razionalizzazione della «presa in carico del paziente cronico», per evitare sprechi e sovrapposizioni, che renda il modello sostenibile ed efficiente. 
Per farlo occorre un gioco di squadra da parte di tutti i soggetti. Una sfida interessante anche per i farmacisti.
«È un lavoro che mi vede impegnata da anni – spiega Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia – prima con la valorizzazione del ruolo delle farmacie all’interno del Piano nazionale e poi ai tavoli della Regione, dove è iniziata questa nuova fase. è un processo ancora in evoluzione e ci vorrà qualche anno prima che il nuovo modello sia a regime». Con il 2018 comunque l’invio delle lettere a tutti i pazienti lombardi che convivono con una o più malattie croniche è partito. A queste persone viene data la libertà di scegliere un “gestore”, il soggetto cioè a cui vorranno affidarsi e che, attraverso gli “erogatori”, gli fornirà tutto ciò di cui hanno bisogno. Per tre milioni di pazienti lombardi sono scesi in campo, come ha spiegato qualche mese fa l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, «294 soggetti tra cooperative di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, Asst, Irccs pubblici e privati, Asp, strutture sanitarie, sociosanitarie e associazioni», e ben «1.072 erogatori».
Ma quale ruolo giocheranno le farmacie? «Il ruolo delle farmacie è centrale non solo nella distribuzione del farmaco – prosegue Racca – ma anche nella presa in carico, nell’aderenza alla terapia, nella telemedicina, nella farmacovigilanza e nell’autodiagnosi. Il ruolo di gestori è riservato alle cooperative di medici di medicina generale, alle strutture ospedaliere e alle Rsa. Come farmacie abbiamo firmato con i gestori degli accordi di avvalimento per l’erogazione dei servizi».
Quando si tratta di fare squadra tra professionalità diverse a volte possono nascere timori e diffidenze reciproche. «Il nuovo capitolo che si apre non è una giungla in cui a qualcuno viene rubato il mestiere. Ognuno continuerà a fare il proprio, ma si lavorerà insieme per il bene del paziente, che invecchia e che per il 30 per cento ha almeno una patologia cronica». Altre criticità da risolvere? «Forse da un lato si poteva fare qualcosa in più a livello di comunicazione. Mi sono accorta che le persone sono ancora poco informate su queste novità, bisogna sfruttare i prossimi mesi per informare tutti i cittadini. Dall’altro è necessario ampliare il numero dei medici di medicina generale che aderiscono al progetto, per gestire al meglio il tema del rapporto con il territorio. Questa riforma funzionerà se tutti faranno la loro parte e se grazie a questo migliorerà la vita del paziente, tenendo sotto controllo i costi della spesa sanitaria».
Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia
Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia

Il nuovo capitolo che si apre non è una giungla in cui a qualcuno viene rubato il mestiere. Ognuno continuerà a fare il proprio

L’adesione dei medici

Per Davide Lauri, presidente della cooperativa di medici Cmmc, l’adesione del 50 per cento dei colleghi non è un risultato da buttare. «Non è poco se pensiamo che in Lombardia da anni c’è un progetto pilota sulla presa in carico proattiva della cronicità chiamato Creg (Cronic related group), che ha coinvolto il 16 per cento dei medici. Teniamo poi conto che molti di quelli che non hanno aderito sono vicini alla pensione e non pensano di mettersi in gioco a questo punto della loro carriera. Negli altri sicuramente possono aver pesato dei pregiudizi sul nuovo modello, ma sono sicuro che quando tutto andrà a sistema, ci saranno nuove adesioni».
La cooperativa Cmmc ha le dimensioni di una media azienda (278 medici associati, 23 centri, 8 infermieri e 43 persone tra segreteria e amministrazione) e si è accreditata come gestore. «Abbiamo partecipato al bando e abbiamo costruito la nostra filiera erogativa con i principali centri pubblici e privati, che ci permetteranno di fornire ai pazienti un eccellente sistema di prenotazione per tutte le visite di cui avranno bisogno. La nostra forza è la conoscenza della storia del paziente e del suo contesto, ma anche l’esperienza maturata partecipando ai Creg. I grandi centri su questo dovranno partire da zero. Hanno sicuramente a disposizione degli specialisti molto validi, ma credo che faranno fatica ad avere una visione di insieme. Per quanto riguarda l’informazione ai pazienti abbiamo deciso di muoverci in anticipo comunicando loro per tempo tutte le novità, senza aspettare che arrivasse dall’alto la comunicazione istituzionale».
La collaborazione con il mondo delle farmacie è a portata di mano anche se è una storia ancora tutta da scrivere. 
«La distribuzione capillare del territorio dei farmacisti è un patrimonio importantissimo.Per questo abbiamo iniziato a ipotizzare con Federfarma e con il gruppo Lloyds dei progetti sull’aderenza e sulla distribuzione ai pazienti fragili che magari hanno difficoltà anche solo a uscire di casa. Ma si può fare di più. In Lloyds, per esempio, sono molto interessati a un’idea di centro servizi comune. Sono convinto che nasceranno delle sinergie molto produttive».
Il voto alla riforma lombarda di Erika Mallarini, docente Sda Bocconi di Health care management and policy, è molto alto. «Per i pazienti vedo solo dei pro e lo stesso vale per i conti pubblici. La concentrazione verso i grandi centri ci sarà, ma la ritengo una dinamica positiva. C’era troppa dispersione, inutile negarlo. I pazienti erano costretti a seguire più specialisti, con indicazioni a volte contraddittorie e senza una figura che avesse in mano la regia. D’altronde si è visto che la medicina generale non riusciva ad avere la governance perché il flusso delle informazioni non era costante e che il coordinamento tra specialisti che non lavorano per la stessa azienda è impossibile. Se non c’è una responsabilizzazione a livello economico e ogni attore si limita a mettere il suo mark up il modello non può reggere».
Il nuovo sistema sembra destinato ad avere impatti enormi. «Dire che siamo in una fase sperimentale non è corretto perché fa passare l’idea che si possa tornare indietro. Può far pensare che certe partite siano ancora aperte, ma non è così. A mio avviso il mondo della farmacia ha perso una grande occasione». In che senso? «L’errore è stato quello di sottovalutare le dimensioni del cambiamento. E poi c’era la grande occasione di entrare in gioco come gestori. Certo, una farmacia da sola non poteva farlo, ma mettendosi insieme a soggetti accreditati con contratti di rete sì. 
Da qualche parte, come a Bergamo, è avvenuto, ma si poteva fare molto di più. 
Alla base c’è un errore di valutazione nel rapporto con le istituzioni: bisognava cambiare gli stakeholder di riferimento, i politici non ti diranno mai che un cambiamento avrà un impatto negativo 
su di te. Le decisioni vengono prese in altri posti, bisogna saperlo e bisogna muoversi per tempo». 
Un messaggio ai vertici nazionali?  
Giulio Gallera, assessore al Welfare di Regione Lombardia
Giulio Gallera, assessore al Welfare di Regione Lombardia

Lauri: «In Lloyds, per esempio, sono molto interessati a un’idea di centro servizi comune. Sono convinto che nasceranno delle sinergie molto produttive»

L’ESPERIENZA DI BERGAMO

«Era un treno che non potevamo assolutamente perdere». Gianni Petrosillo, presidente di Federfarma Bergamo, non parla al plurale per caso. Le farmacie del territorio che si sono fatte trovare pronte quando è passata la riforma lombarda della cronicità sono 290. Ed è l’unico caso nella Regione: nelle altre province infatti questo non è successo. Il vostro merito? «Non aver aspettato che le norme si chiarissero ed esserci mossi anche quando il quadro era confuso». Se si torna a gennaio 2017, per esempio, «le farmacie non erano ancora state nemmeno citate in nessuna delle carte prodotte dalle istituzioni». Dopo qualche mese, a maggio, «viene dato alle Ats un ruolo di regia, non meglio definito, nell’ambito degli eventuali rapporti tra le farmacie stesse e i gestori», racconta Petrosillo. I mesi iniziano a passare, ma non accade nulla. Federfarma Bergamo allora decide di sedersi al tavolo con un ente che sta facendo rete con una quarantina di soggetti diversi e sta cercando di accreditarsi come gestore: la Fondazione Sant’Andrea onlus di Clusone. La Federazione costituisce una nuova società, Federfarma Bergamo servizi, e diventa partner di rete. Nel frattempo, prima dell’estate, le porte dell’accreditamento si chiudono. «Se avessimo aspettato di firmare con l’Ats un accordo quadro che ci avrebbe dato la possibilità di interfacciarci con eventuali gestori saremmo rimasti fuori». Dopodiché le macchine si mettono in moto e i dettagli iniziano a essere, delibera dopo delibera, sempre più chiari. «Spero che il modello Bergamo sia esportabile», auspica Petrosillo. Chi è rimasto a piedi però deve sperare che la Regione faccia altre fermate.
Gianni Petrosillo, presidente di Federfarma Bergamo
Gianni Petrosillo, presidente di Federfarma Bergamo
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Achille Gallina Toschi

Classe 1968, è un bolognese doc, residente nel centro storico e grande tifoso del Bologna calcio. Dal 1996 è titolare, insieme alle sorelle, della storica farmacia di famiglia.
Dallo stesso anno è consigliere di Federfarma Bologna, poi segretario e poi presidente dal 2006 al 2014. Da maggio 2017 è presidente di Federfarma Emilia Romagna e consigliere di Federfarma nazionale. La storia della
farmacia Toschi si intreccia densamente con quella della città fin dal Settecento: oggi la farmacia, vicina a Porta San Felice, offre una gamma completa di servizi e un laboratorio galenico molto attrezzato.
19 Aprile 2018