Come accantonare il Tfr per i collaboratori?
UNA DOMANDA A…
Come accantonare il Tfr per i collaboratori?
Meglio scegliere un fondo monetario o un fondo pensione? La risposta non può essere secca e dipende da diversi fattori. Modalità, vantaggi e limiti delle due soluzioni vengono analizzati da Francesco Manfredi, commercialista dello Studio Guandalini
1 febbraio 2024
di Francesco Manfredi,
Studio Guandalini
Non ho mai accantonato il Tfr dei dipendenti e vorrei iniziare ora. La banca mi propone due alternative: o un fondo monetario con Pac, che ha il vantaggio di lasciare il capitale in azienda ma ha avuto rendimenti bassissimi, a volte anche negativi, negli ultimi anni, o un fondo pensione aperto intestato al singolo collaboratore, in cui però il capitale esce dall’azienda. Qual è la scelta più conveniente, anche da un punto di vista della tassazione per impresa e dipendente?
Negli ultimi tempi la gestione del Tfr pone sempre più spesso il farmacista di fronte a questo tipo di interrogativi. La risposta non è certamente univoca: iniziamo distinguendo le caratteristiche dei due approcci rappresentati dal lettore.
Il fondo monetario
Da un lato abbiamo il fondo monetario con piano di accumulo proposto dall’istituto di credito. Questa soluzione, di cui non conosciamo le caratteristiche precise, consiste nell’accantonare mensilmente una cifra in un fondo, solitamente vincolato, pari alla quota di Tfr che matura nel medesimo periodo. Nel momento in cui si renderà necessario liquidare il debito per Tfr a un collaboratore, l’azienda andrà a svincolare parte o tutta la liquidità accantonata senza avere contraccolpi finanziari, realizzando un capital gain nel caso in cui il rendimento del fondo sia stato positivo, oppure una perdita in caso contrario. Dal punto di vista fiscale non c’è nessun vantaggio particolare per il datore di lavoro a operare in questo modo. La valutazione è puramente finanziaria, se vogliamo speculativa. Ma il fatto che i rendimenti negli ultimi anni siano stati negativi, mette in evidenza il limite di una strategia di questo tipo che non consente di gestire le “uscite” dall’investimento al momento che si ritiene più opportuno o vantaggioso, dovendo invece procedere nel momento in cui il collaboratore ha diritto alla liquidazione del Tfr. In questo caso per il dipendente la tassazione non cambia, in quanto formalmente il Tfr non esce dall’azienda; pertanto, la liquidazione sarà soggetta a tassazione separata con l’applicazione dell’aliquota Irpef determinata dalla media dei redditi degli ultimi due anni.
Il fondo pensione
Invece, la scelta della destinazione del Tfr a un fondo pensione, va chiarito, non spetta al datore di lavoro ma esclusivamente al dipendente, anche se possono esservi vantaggi per entrambi i soggetti. Per l’impresa uno dei vantaggi più evidenti, soprattutto negli ultimi anni, è quello del risparmio dell’onere della rivalutazione annuale prevista dalla legge. Infatti, il Tfr rimasto in azienda ogni anno deve essere rivalutato dell’1,5 per cento, oltre al 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati pubblicato dall’Istat rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente. Il coefficiente di rivalutazione per il Tfr in carico al 31/12/2023 è stato dell’1,944162, quello del 2022 era stato addirittura pari a 9,974576. Nel caso di Tfr destinati a fondi di previdenza complementare, la rivalutazione varia in base ai risultati della gestione finanziaria e al profilo di rischio scelto dal dipendente, e non è più a carico dell’azienda.
Sul fronte contributivo, l’azienda che destina il Tfr al fondo pensione è esentata dal versamento dello 0,20 per cento sul monte retributivo al Fondo di Garanzia Inps e dello 0,28 per cento a titolo di oneri sociali all’Inps.
Tornando al quesito, il vantaggio fiscale per l’azienda che accantona il Tfr in un fondo pensione consiste in una maggiore deduzione dal reddito di impresa pari al 6 per cento se si tratta di un’impresa con meno di 50 dipendenti, come quasi sempre accade per le farmacie, o del 4 per cento per aziende con più di 49 dipendenti. Ossia a fronte di un Tfr trasferito pari 1.000 euro il costo deducibile per la farmacia sarebbe pari a 1.060.
Anche per il dipendente la scelta del fondo pensione può essere vantaggiosa. Al momento della liquidazione o della corresponsione della rendita, una volta maturati i requisiti, le somme non saranno soggette a tassazione separata (aliquota minima 23 per cento) bensì a una ritenuta a titolo d’imposta del 15 per cento, che scende dello 0,30 per cento per ogni anno di anzianità di adesione al fondo successiva al quindicesimo, fino ad arrivare all’aliquota minima della ritenuta pari al 9 per cento.
Vi è poi un’ulteriore possibilità offerta al lavoratore, ovvero effettuare un versamento aggiuntivo volontario oltre al Tfr, mediante trattenuta in busta paga che obbliga anche il datore di lavoro ad effettuare un versamento aggiuntivo totalmente a proprio carico. Il contributo volontario, oltre a incrementare la posizione previdenziale individuale del lavoratore, permette la deduzione fiscale degli importi versati fino a 5.164,57 euro.
Concludendo, la scelta di conferire il Tfr ad un fondo pensione potrebbe rivelarsi vantaggiosa sia per il collaboratore sia per il titolare. Quest’ultimo però, se intende proporre questa soluzione ai propri dipendenti dovrà preliminarmente verificare che i flussi di cassa della farmacia non risultino eccessivamente penalizzati nel breve periodo, andando a creare squilibri in posizione debitorie a rischio. Il Tfr non deve mai essere una fonte di autofinanziamento dell’impresa ma il tempismo talvolta può risultare decisivo.