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Più farmacie, meglio per il sistema-salute

L'INDAGINE

Più farmacie, meglio per il sistema-salute

Tarabusi-Trombetta

Uno studio osservazionale di Banca d'Italia mette in relazione l’aumento di nuove aperture in seguito al “Cresci Italia” con la riduzione delle ospedalizzazioni. Analizziamo i risultati con i commercialisti Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta, Studio Guandalini

15 dicembre 2022

di Laura Benfenati

Possono i ricoveri meno gravi, trattati in ospedale essenzialmente con farmaci, essere prevenuti o abbreviati grazie a un accesso più tempestivo ai servizi e ai prodotti farmaceutici? È questa l’ipotesi dell’interessante studio “Aumento del numero di farmacie e ospedalizzazioni” promosso dalla Banca d’Italia, a cura di Andrea Cintolesi, in cui si utilizzano microdati sull’universo degli ospedali italiani per valutare l’impatto dell’incremento del numero di farmacie indotto dalla legge “Cresci Italia” del 2012 sulla spesa ospedaliera. Secondo l’analisi, l’apertura di una farmacia previene circa 17 ospedalizzazioni ogni anno e l’incremento dell’8 per cento del numero di farmacie ha ridotto la spesa per ricoveri medici (meno gravi) dell’1,3 per cento, incidendo quasi esclusivamente su quelli di brevissima durata.

Il consumo di farmaci, invece, non è correlato con l’apertura delle nuove farmacie: pare dunque che queste ultime abbiano contribuito alla riduzione dei ricoveri agendo come punto di informazione per i pazienti. Delle conclusioni della ricerca parliamo con Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta, commercialisti dello Studio Guandalini di Bologna.

Quali sono le premesse e l’approccio metodologico della ricerca condotta dalla Banca d’Italia?

Lo studio parte dalla premessa che la letteratura scientifica ha sempre analizzato l’impatto delle liberalizzazioni in farmacia dalla prospettiva della concorrenza nel mercato del farmaco: gli studi (internazionali) pubblicati riguardano soprattutto la relazione tra concorrenza nel canale e tipologia di prodotti/servizi erogati, oppure l’impatto sui prezzi. E, sorprendentemente (ma non troppo), gli studi editi non hanno osservato la riduzione dei prezzi di Otc e Sop che ci si aspettava derivasse dalle liberalizzazioni attuate in Europa negli ultimi vent’anni. Per la prima volta, invece, i ricercatori cercano di analizzare il rapporto tra la diffusione delle farmacie e il tasso di ospedalizzazioni.

La premessa teorica è che la presenza capillare delle farmacie potrebbe contribuire a ridurre l’accesso improprio agli ospedali sulla base di tre effetti:

  • effetto informativo: il farmacista può avere un ruolo nel fornire informazioni sull’appropriatezza dell’accesso all’ospedale nel caso specifico (inviando al Pronto soccorso quando vi è reale bisogno, e suggerendo di evitarlo se non necessario), prevenendo così che i “codici bianchi” si ammassino al triage;
  • effetto sostitutivo: laddove la patologia del cittadino può essere direttamente trattata in farmacia nell’ambito dei servizi sanitari da questa erogati, prevenendo quindi il ricovero;
  • effetto di prevenzione: laddove una terapia farmacologica di trattamento precoce consente di prevenire l’aggravamento e la conseguente ospedalizzazione.

I ricercatori hanno costruito uno strumento statistico di analisi allo scopo di verificare se l’incremento straordinario del numero di farmacie verificatosi nel periodo tra il 2014 ed il 2017 a seguito del cosiddetto “concorsone” (+8 per cento nuove sedi in 4 anni) sia correlato a una diminuzione di ospedalizzazioni.

Quali sono i dati più significativi emersi dallo studio?

Incrociando i dati emerge una correlazione tra le nuove aperture e la contrazione delle ospedalizzazioni.

In particolare, i ricercatori hanno separato i ricoveri in due gruppi, a seconda che fossero sfociati o meno in interventi chirurgici. La correlazione tra nuove aperture e minori ricoveri parrebbe esistere solo per i casi non seguiti da chirurgia. Se infatti risultasse necessario un intervento chirurgico, ovviamente non sarebbe possibile prevenirlo o sostituirlo in farmacia. L’andamento di tali interventi è allora usato come variabile “placebo”: il fatto che si riducano i ricoveri non chirurgici, ma non quelli chirurgici, è considerato una prova indiretta che non fossero in gioco altri fattori che abbiano contribuito a ridurre le ospedalizzazioni.

Le ospedalizzazioni che risultano ridotte sono solo quelle di breve durata, e questo è considerato un ulteriore fattore che conforta la tesi del contributo delle farmacie, visto che solo le patologie non gravi possono efficacemente essere prevenute sul territorio.

Infine, la correlazione pare più intensa se si osservano i dati relativi a bambini ed anziani. Secondo i ricercatori i ricoveri “inappropriati” si concentrano in queste due fasce perché i medici sono più prudenti (e quindi ricoverano maggiormente) con i soggetti fragili: vuoi (per i bambini) perché è difficile ottenere un quadro anamnestico adeguato durante il triage; vuoi (per gli anziani) perché il paziente è più soggetto ad aggravamenti inaspettati. Questa maggiore facilità di ricovero, dettata anche da strategie di medicina difensiva, potrebbe essere prevenuta grazie all’intervento delle farmacie, che con l’ascolto e una adeguata informazione preventiva possono rassicurare il paziente nei casi non gravi, evitando che si rechi al Pronto soccorso dove con maggior probabilità subirebbe un ricovero non necessario

Che impatto c’è stato sulla spesa sanitaria e sull’incremento di uso di farmaci, con l’apertura di nuove farmacie?

Lo studio analizza i dati Federfarma sull’andamento della spesa farmaceutica territoriale nell’intero quadriennio, rilevando che non risultano incrementi nei consumi di medicinali, né fenomeni iatrogeni per patologie collegate all’uso inappropriato o all’abuso di medicinali a seguito delle nuove aperture.

Quali sono le conclusioni dello studio?

L’ipotesi di partenza è che se vai in ospedale anche quando non ne avresti bisogno (codice bianco) è elevata la probabilità che ti ricoverino comunque e, quindi, esiste il forte rischio di un eccesso di spesa ospedaliera per ricoveri inutili.

Sulla base del modello statistico di regressione utilizzato, la conclusione proposta è che, nel quadriennio osservato, l’incremento (in media dell’8 per cento) delle farmacie sul territorio è associato a una riduzione osservabile, seppure di entità non drammatica, dei ricoveri non programmati di breve durata.

Si osserva una riduzione di circa 25.500 ricoveri nei quattro anni, che verrebbe spiegata dall’incremento del numero delle farmacie: in media, 17 ricoveri prevenuti da ogni nuova farmacia ogni anno. Il risparmio di spesa ospedaliera per minori ricoveri è stimato in 90 milioni l’anno (1,57 euro pro capite).

I ricercatori concludono che la causa più probabile è l’effetto informativo (l’informazione sanitaria data in farmacia previene gli accessi inappropriati), mentre ritengono non dimostrati né l’effetto sostitutivo né quello preventivo.

E sottolineano che il modello “potrebbe non essere lineare”: ossia che il (modesto) effetto osservato potrebbe non crescere affatto aumentando ancora il numero delle nuove farmacie.

Le vostre considerazioni su questa ricerca.

È sicuramente un documento costruito con standard tecnici adeguati, rispetto a certe discutibili analisi su commissione che abbiamo visto circolare ai tempi delle lenzuolate.

Si tratta di uno studio osservazionale e ha tutti i limiti di questa tipologia di analisi: può solo servire a formulare ipotesi di spiegazione dei fenomeni osservati, ma non assicura né che le conclusioni siano fondate, né che i risultati siano estrapolabili in altri contesti o ripetibili aumentando ulteriormente il numero delle farmacie.

Nella conclusione, infatti, gli autori correttamente sottolineano che l’efficacia dell’azione preventiva dipende da un efficace controllo sulla qualità della formazione e della deontologia dei professionisti che operano in farmacia. E, soprattutto, che non è possibile stabilire se aumentare ulteriormente (o in ipotesi restringere) il numero di sedi farmaceutiche migliorerebbe o peggiorerebbe il risultato. Il primo caveat, quindi, è di non semplificare tutto in uno slogan.

Andrebbe poi indagato se l’effetto possa dipendere anche da altri concomitanti fattori, per esempio la progressiva evoluzione – più o meno nel medesimo periodo – del modello diffuso della farmacia dei servizi.

Anche l’esclusione dell’effetto “sostituzione” viene basata su un’analisi parziale, perché si guarda solo ai dati del consumo di medicinali. Ma ben potrebbe essere che proprio i nuovi servizi sanitari che nel medesimo quadriennio hanno avuto un certo sviluppo, dallo screening alla prevenzione, fino alla telemedicina, abbiano contribuito o possano contribuire a migliorare l’appropriatezza dell’accesso agli ospedali.

In conclusione: sicuramente la farmacia, capillare e professionale, è utile non solo ai cittadini, ma anche al sistema-salute. Non è però l’ulteriore liberalizzazione o l’aumento del numero di sedi che porterà altri benefici, ma una efficace integrazione delle farmacie e dei loro servizi nella rete della salute pubblica e privata.

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