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Italiani e mental health dopo il Covid-19

IL REPORT

Italiani e mental health dopo il Covid-19

Come ha impattato il periodo di emergenza da pandemia sulla nostra salute fisica e mentale? Lo STADA Health Report fotografa un Paese più fragile e preoccupato, con le donne e i più giovani a pagare le spese più alte dell’insicurezza diffusa. Resta la fiducia negli operatori sanitari, farmacisti tra i primi

6 ottobre 2022

di Claudio Buono

Dopo aver fornito, nel 2021, una prima fotografia degli effetti a breve termine della pandemia sulla vita degli italiani a un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria, l’edizione 2022 dello STADA Health Report mira oggi ad approfondire le conseguenze di questo periodo così complesso, evidenziando come il Covid-19 abbia impattato fortemente sulla nostra salute fisica e mentale.

Dall’ampio sondaggio on line promosso tra marzo e aprile dal Gruppo STADA in collaborazione con InSites Consulting, che ha coinvolto 2.000 italiani su un campione totale di circa 30.000 partecipanti provenienti da 15 Paesi, è emerso che per oltre la metà dei nostri connazionali i livelli di stress sono in aumento rispetto all’inizio della pandemia e che anche le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla salute accrescono il senso di preoccupazione.

Stress: le donne le più colpite

A pagare il prezzo più alto sono le donne: il 62 per cento si sente maggiormente stressata, contro il 42 per cento degli uomini. Inoltre il 45 per cento dichiara che la propria salute mentale è peggiorata rispetto al 23 per cento degli uomini. Oltre a maggiori picchi di stress, rispetto al 2021 sono aumentati del 10 per cento i livelli di burnout (una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo), passando dal 49 al 59 per cento. A risentirne maggiormente sono ancora una volta le donne (circa il 70 per cento dichiara di aver vissuto almeno un episodio, contro il 48 per cento degli uomini) e, nella stessa percentuale, gli appartenenti alla fascia di età più giovane, quella cioè compresa tra i 18 e i 34 anni. La ricerca ha anche evidenziato che coloro che hanno problemi di sonno o soffrono di disturbi cronici (rispettivamente 71 e 70 per cento) hanno maggiori probabilità di raggiungere il burnout. Tuttavia emerge che soprattutto chi rientra nella fascia di età più giovane è ben disposto a parlare di problematiche legate al proprio benessere mentale, in primis con psicologi o psichiatri (52 per cento), ma un buon 49 per cento anche con il medico di famiglia o il farmacista di fiducia.

La dieta come strategia

Per oltre un italiano su due (56 per cento) la principale strategia per affrontare i problemi di salute mentale è adottare una dieta sana; segue un 36 per cento che opta per una migliore regolarità del sonno, mentre il 35 per cento fa uso di integratori alimentari (vitamine, minerali…), il 31 per cento punta sull’attività fisica cardio (corsa, per esempio) e il 27 per cento su quella olistica (come yoga e pilates).

Problematiche legate al riposo

L’emergenza sanitaria ha avuto un impatto negativo anche sulla qualità del sonno. Tra le principali cause che tengono svegli gli italiani di notte rientrano sensazioni di ansia (42 per cento), problematiche legate alla routine quotidiana (38 per cento) e di carattere economico (25 per cento). Anche in questo caso è soprattutto la popolazione femminile a lamentare problemi di insonnia. Solo poco più della metà (56 per cento) delle intervistate, infatti, ammette di riposare bene, rispetto al 63 per cento degli uomini. Interessante, poi, il fatto che la maggior parte degli italiani prenderebbe in considerazione la possibilità di assumere sonniferi o integratori per favorire il sonno, soprattutto se consigliati da personale sanitario.

Difficoltà di cura durante la pandemia

Oltre la metà degli italiani ha dovuto affrontare qualche problema legato al mantenimento della propria salute durante la pandemia. In particolare, il 36 per cento del campione intervistato per ridurre il rischio di contagio si è visto costretto a rinviare o annullare le visite mediche, mentre il 25 per cento ha avuto difficoltà a mantenere uno stile di vita sano (come seguire un’alimentazione bilanciata o fare regolare attività fisica). In particolare, sono le persone di età compresa tra i 18 e i 34 anni ad aver accusato difficoltà legate all’assistenza sanitaria (75 per cento del campione) e a condurre una vita salutare.

Fiducia nei professionisti sanitari

Dalla ricerca emerge, infine, come la maggior parte degli intervistati continui ad avere fiducia delle figure professionali che operano nell’ambito della salute: tra le più affidabili e che riscuotono maggiore stima, il 51 per cento del campione indica i farmacisti, che vanno ad aggiungersi a scienziati, operatori sanitari, personale ospedaliero e assistenziale e medici di medicina generale.

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