Quote ai figli non farmacisti, quale soluzione conviene?
UNA DOMANDA A...
Quote ai figli non farmacisti, quale soluzione conviene?
Per Arturo Saggese, dottore commercialista e revisore contabile, vanno analizzati i pro e i contro del cambio di forma societaria da snc a srl e le modalità di trasferimento delle quote
29 settembre 2022
di Xxxxxx Xxxx
Ho due figli non laureati in farmacia che svolgono altre professioni. Vorrei avviare il passaggio generazionale passando da snc a srl e assegnando a ciascuno il 10 per cento delle quote tramite donazione: quali sono vantaggi e svantaggi?
Il primo passaggio da analizzare è la trasformazione da società di persone a srl. Questa forma permetterà fiscalmente una tassazione più agevolata: dalla tassazione per trasparenza tipica delle società di persone alla tassazione Ires con aliquota al 24 per cento.
Trattandosi di una società di capitali, peraltro con maggioranza di capitale in capo a un farmacista, non si pagherà lo 0,5 per cento del fatturato ai fini Enpaf. Nelle snc infatti l’Enpaf si paga per maggioranza di teste di non farmacisti (anche se hanno solo l’1 per cento ciascuno); diversamente nelle srl si paga per maggioranza di capitale sottoscritto dai non farmacisti (e quindi con la medesima compagine non si paga).
Già nell’ambito del conferimento della azienda in società è possibile far sottoscrivere una quota di minoranza, in termini di capitale, ai due figli non farmacisti, per esempio facendoli subentrare in prima istanza con una quota dell’1 per cento ciascuno.
È possibile prevedere eventualmente il riparto utili in misura differente rispetto alle partecipazioni. La remunerazione dei figli non farmacisti, se fosse necessaria, potrebbe essere prevista in termini di compenso amministratore (soggetto a Inps, gestione separata).
La donazione può essere pianificata in forma paritetica agli eredi, soluzione di fatto vantaggiosa fiscalmente in quanto sconterebbe solo il registro in misura fissa. Lo svantaggio per il titolare sarebbe l’uscita completa dalla farmacia. Andrebbero quindi previste delle garanzie in capo al donante in termini di “rendita”. Inoltre a questo punto si rientrerebbe nel caso della maggioranza di soci non farmacisti, pertanto l’Enpaf pretenderebbe lo 0,5 per cento del fatturato.