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Risorsa e costo: qual è l’equilibrio perfetto?

UNA DOMANDA A...

Risorsa e costo: qual è l’equilibrio perfetto?

Non è più il tempo di rapportare il costo dei collaboratori al fatturato ma al margine. C’è però un valore oltre il quale la spesa complessiva per il personale non può andare? Lo abbiamo chiesto a Francesco Capri e Francesco Manfredi, consulenti dello Studio Guandalini di Bologna

7 luglio 2022

a cura della Redazione

I collaboratori sono una preziosa risorsa e lo sono ancora di più nella nuova farmacia dei servizi, dove i compiti sono numerosi e i ruoli di ciascuno vanno ben organizzati. Ma alla nota difficoltà di trovare personale si somma una complessa valutazione del costo che la farmacia può sopportare prima che la presenza di un collaboratore in più risulti economicamente controproducente. Abbiamo girato la questione a chi di bilanci e contabilità in farmacia ne sa qualcosa, i consulenti Francesco Capri e Francesco Manfredi dello Studio Guandalini di Bologna.

Si fa presto ad arrivare alla diseconomia

«I nostri dati sono piuttosto articolati, perché dividiamo le farmacie in tre categorie (urbana, rurale e rurale sussidiata), all’interno di ciascuna categoria distinguiamo le fasce di fatturato in tre classi e per ciascuna di queste attribuiamo un minimo e un massimo del costo del personale. Non ha molto senso snocciolare tutte le voci dei singoli cluster, ma possiamo dire anzitutto due cose: il costo del personale per noi deve essere comprensivo anche della remunerazione del titolare o dei soci che lavorano in farmacia, a cui quindi va attribuito uno stipendio figurativo da sommare al costo del lavoro. Non rapportiamo questo costo al fatturato, perché ci pare poco significativo, mentre preferiamo rapportarlo al margine (del resto è il margine l’indicatore significativo di produttività del personale, non il fatturato: non interessano i volumi ma gli utili).

Il totale (costo dei dipendenti più costo figurativo del lavoro di titolare o soci) nel nostro campione statistico è compreso tra un minimo del 48 per cento nelle farmacie urbane di grandi dimensioni e un massimo che supera di poco il 60 per cento in alcune farmacie rurali più piccole. Sopra questa soglia possiamo parlare sicuramente di diseconomie».

Retribuzione soddisfacente sì, ma a fronte di un reddito d’esercizio adeguato

«Da tempo sosteniamo l’esigenza di una remunerazione adeguata delle risorse umane, che tuttavia crediamo debba essere virtuosamente correlata ai risultati, prevedendo sistemi di incentivi ben calibrati.

Dieci anni fa lo stipendio dei farmacisti era una retribuzione invidiabile ma l’incidenza del costo complessivo del lavoro sul margine non arrivava al 45 per cento. Oggi, come dimostrano attuali condizioni del mercato del lavoro in farmacia, gli stipendi non sembrano più remunerare in modo soddisfacente i professionisti per i sacrifici e l’impegno che la professione richiede.

Ma è anche necessario che prima di remunerare i fattori produttivi l’impresa produca reddito: è questo il motivo per cui ci sembra necessario correlare l’indispensabile incentivazione del lavoro agli altrettanto indispensabili controllo di gestione e pianificazione».

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