Farmindustria si esprime sul tema dei brevetti
AZIENDE
Farmindustria si esprime sul tema dei brevetti
I vaccini contro il Covid 19 sono arrivati con tanta celerità grazie anche alla proprietà intellettuale. Senza, infatti, la spinta dei brevetti alla ricerca e alla produzione, oggi non potremmo beneficiare di questi strumenti, fondamentali per superare la crisi pandemica e ritornare a una vita normale
6 maggio 2021
di Redazione
Ecco perché sorprendono e preoccupano le dichiarazioni e le iniziative internazionali volte a ridurne o ad annullarne la tutela. Iniziative che – di certo – non risolvono il problema di avere subito più vaccini.
Produrre un vaccino è un processo industriale complesso, che richiede ingenti investimenti, tecnologie avanzate, trasferimento tecnologico, impianti ad hoc, macchinari dedicati, personale altamente qualificato, un’expertise consolidata.
Non ci si può improvvisare produttori di vaccini contro il Covid. E la proprietà intellettuale, come tra l’altro sottolineato recentemente anche dalla Commissione Europea, non rappresenta un ostacolo per l’aumento della produzione.
Anzi è parte della soluzione. Perché ha incentivato a livello mondiale, con accordi volontari tra aziende partnership e trasferimenti tecnologici – più di 200 – che richiedono conoscenze e capacità tecniche specifiche. Se c’è stato un esempio di collaborazione tra imprese, anche in competizione tra loro, è stato proprio nella ricerca e nella produzione di vaccini anti covid.
Ad oggi nel mondo ci sono circa 280 vaccini in sviluppo. In UE già 4 sono stati approvati e altri sono in fase di approvazione. Risultati possibili solo grazie alla proprietà intellettuale.
La deroga ai brevetti non servirebbe ad aumentare la produzione né a offrire le soluzioni necessarie per vincere la pandemia. Potrebbe avere invece l’effetto opposto: dirottare risorse, materie prime verso siti di produzione meno efficienti. E potrebbe determinare l’aumento della contraffazione a livello globale.
Difficoltà temporanee che possono verificarsi in un processo così complesso non si superano indebolendo la proprietà intellettuale, né adottando licenze obbligatorie che limitano fortemente la spinta agli investimenti di lungo termine in innovazione farmaceutica, proprio mentre in tutta Europa si guarda al settore Life Sciences per trovare risposte alla crisi sanitaria attuale.
Per aumentare la produzione serve ben altro: snellimenti burocratici, eliminazione delle barriere commerciali e dei colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento. O risolvere la questione della scarsità di materie prime e di altri componenti.
La tutela del brevetto è quindi fondamentale sia per affrontare questa pandemia che ha travolto il mondo intero sia per gestire al meglio i farmaci allo studio.
Il settore investirà infatti tra il 2020 e il 2026 in R&S oltre 1.500 miliardi di dollari a livello globale. Per l’80% in network con altri soggetti secondo il modello di open innovation.
E l’Italia può certamente competere per attrarre con ottime possibilità di successo questi investimenti.
Purché anche da noi si continui a riconoscere, come fatto finora, il valore della ricerca e dell’innovazione.