Fare rete, l’ora delle scelte
THE NETWORK’S ROAD
Fare rete, l’ora delle scelte
Tra farmacia evoluta e modelli da aggiornare per tenere la farmacia al passo con le nuove abitudini e le aspettative dei cittadini, l’imperativo categorico è scegliere da che parte stare. Con cognizione di causa
22 aprile 2021
di Carlo Buonamico
e Mariasandra Aicardi
Anno 2021. Qual è il modello di rete per la farmacia dell’era post-Covid? Il farmacista è pronto a farne parte? Sono alcuni interrogativi a cui sono stati chiamati a rispondere, in occasione della nuova edizione di The Network’s Road, quest’anno in formato digital a causa della pandemia, gli ospiti intervenuti nelle diverse fasi dell’evento. A partire dal presidente di Federfarma Marco Cossolo che non ha mancato di sottolineare che «ciò che è accaduto nell’ultimo anno è un cambio di passo epocale, una rivoluzione irreversibile». Perché «è cambiata la percezione del valore della farmacia presso le istituzioni e presso i cittadini. Tutti hanno capito che è un presidio indispensabile».
Un nuovo modello di farmacia
Si tratta di un modello di farmacia che è evoluto in modo imprevisto sia nella forma sia nella sostanza e con un’accelerazione inattesa. «Un modello il cui destino di lungo periodo dipenderà da chi riuscirà a garantirne il funzionamento, siano i singoli titolari o i diversi sistemi di aggregazione», ha affermato il presidente. Che ha evidenziato anche come sia «ineluttabile che la farmacia si diriga verso la delega di alcune attività non-core per il farmacista» e che per farlo non si possa prescindere dalla sinergia con realtà specializzate. Il che significa non potersi più voltare dall’altra parte quando si intavolano le discussioni sull’ingresso dei capitali. «Non affrontare il problema è sbagliato», ha affermato con forza Cossolo, aggiungendo come sia «davvero opportuno far emergere nella categoria la coscienza di ciò che su vuole fare. E, di conseguenza, prendere una decisione».
I dati confermano un cambio di passo
Anche i dati della timida ripresa segnalati dal direttore della Business unit Consumer Health & Pharmacy di Iqvia Italia Francesco Cavone, relativi alle vendite della 13° settimana dell’anno – che superano quelli dell’analogo periodo del 2020 e tendono a riallinearsi a quelli del 2019 – «devono essere letti alla luce delle nuove abitudini dei cittadini. Che negli ultimi 12 mesi mobili sono entrati meno frequentemente in farmacia, ma hanno fatto staccare scontrini in media di valore più elevato. E che hanno ormai fatto propria l’abitudine all’acquisto on line anche dei farmaci (l’incremento continua a essere a doppia cifra), ma non in antitesi, bensì a integrazione degli acquisti nel negozio fisico». La farmacia deve quindi porsi una domanda, avverte Cavone: «Quanto restare indipendenti permetterà di rispondere alle necessità dei cittadini di oggi e di domani, nell’ottica di accedere a servizi sempre più complessi e, non ultimo, fortemente digitalizzati?».
Aggregazione sì, ma c’è format e format
Bisogna guardare in faccia alla realtà, «oggi di reti vere in farmacia non ne esistono», ha affermato tranchant Erika Mallarini, associate professor of Practice di Government, Health and Not for Profit della SDA Bocconi. Ma «aggregarsi è indispensabile per poter gestire un approccio phygital di una farmacia fatta anche di home delivery, assistenza domiciliare e centrali operative in funzione h24». A ciò si aggiunge la necessità di adeguare anche format e concept della farmacia a questa rivoluzione che si sta vivendo e che probabilmente continuerà in futuro. «I modelli che funzionavano ieri non vanno più bene oggi», ha spiegato Nicola Posa, senior partner di Shackleton Consulting. Ma per cambiare format «la farmacia deve capire se nel proprio futuro vuole continuare a vendere prodotti o servizi e consulenze», ha aggiunto. Naturalmente non esiste una risposta e una soluzione valida per tutte le farmacie. Anzi, «ci sarà format e format. Si andrà verso una profonda diversificazione tra insegna e insegna, tra rete e rete», prevede Posa. Che è tempo di fare reti lo si dice da oltre dieci anni, ora non si può più tergiversare. È il momento di decidere e passare all’azione, e anche rapidamente.
Le “Chiacchiere al caffè”
Nel corso del convegno uno spazio è stato dedicato alle “Chiacchiere al caffè” di Laura Benfenati con Quintino Lombardo, Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta. C’è chi, come Giovanni Trombetta, è convinto che non tutte le farmacie siano adatte al network. Manca l’attitudine, e sicuramente manca una figura intermedia tra il farmacista territoriale e quello di rete, che si occupi proprio di formazione in tal senso. Quintino Lombardo vede il mondo della farmacia cambiato in modo radicale e definitivo. «Dopo le modifiche normative del 2017, si fa rete in termini difensivi: se il network ieri era una scelta, oggi è una necessità. Il problema delle risorse è secondario: quando c’è un progetto c’è aggregazione e i capitali si trovano. Ricordiamoci che il federatore non ha solo i soldi, ma le idee chiare e un bel progetto in tasca». Per Tarabusi serve una cultura imprenditoriale. Nelle reti, il modello gerarchico è vincente: basta una testa sola, e non cento, per decidere e costruire un nuovo modello industriale. Oggi la farmacia gode di una posizione fantastica dovuta a un fenomeno esterno, la pandemia, e i farmacisti devono cogliere questa opportunità guardando al futuro. «Quale modello di rete scegliere? Quale tipo di contratto firmare?», chiede Benfenati. Quintino Lombardo risponde che le reti sono un grande contenitore in cui c’è di tutto. Nel franchising, per esempio, c’è uno che concede e un altro che viene delegato. È una scelta, la rete, che in parte semplifica e in parte complica: se non si vuole affrontare, è meglio vendere. «Con lo stesso modello si possono avere risultati diversi: siamo nel mondo della sartoria», gli fa eco Tarabusi. Conclude Trombetta sostenendo che a monte serve un progetto che crei degli standard a cui tutti devono adeguarsi.
I network italiani? Costruiti intorno alla professionalità del farmacista
L’ultima parte dell’incontro è una tavola rotonda virtuale moderata da Laura Benfenati, con Gianluca Strata per Apoteca Natura, Alessandro Orano di CEF – La farmacia italiana, Paolo Borgarelli per Farmacie Specializzate, Davide Tavaniello di Lafarmacia. e Andrea Riva di NeoApotek. «Non conta il format o lo scaffale, ma avere una posizione chiara, un’identità, una mission, tutti i giorni, e con tutti gli strumenti, per mettere al centro la salute, non il commercio», dice Strata. «Le reti sono evoluzioni già avvenute nei settori dell’alimentare, dell’ottica e tra i dentisti. Pensare che a noi non capiti, vuol dire fare gli struzzi», afferma Orano. Borgarelli: «Con la firma della delega a Farmacie Specializzate, ci troviamo obbligati a chiedere ai colleghi di scegliere, ricordando che il concetto di rete può avere due significati: la privazione della libertà (la rete del pescatore) e il salvataggio (la rete dell’acrobata)». Per Riva i competitor non sono nemici, servono a costruire idee per innalzare un muro di difesa nei confronti di colossi come Amazon, grazie a investimenti sulla professionalità. Tavaniello racconta che il gruppo Lafarmacia. acquista sedi urbane, ma anche rurali sussidiate. Il 65 per cento delle farmacie è in aree suburbane o in paesi di provincia, con un progetto industriale che non è uno slogan, ma persone, servizi, innovazione e dati concreti. In definitiva, i modelli di rete all’italiana ci sono e sono costruiti intorno alla professionalità del farmacista. «Non ci sono santi o demoni – conclude Benfenati – ma conta quanto queste reti abbiano davvero a cuore il sistema farmacia che conosciamo e ci possano aiutare a tutelarlo».